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Il Pentagono valuta di rinunciare alla leadership militare nella NATO

Gli alleati cominciano a cercare alternative agli F-35 prodotti dagli Stati Uniti

Massimo JausbyMassimo Jaus
La Casa Bianca sugli oggetti volanti: “Sono palloncini e non UFO”

Pentagono - wikimedia

Time: 4 mins read

Tagli, tanti tagli alla spesa pubblica. Tagli che la Casa Bianca giustifica sostenendo che sono necessari per ridurre le tasse. Il presidente Donald Trump li ha affidati al miliardario suo amico Elon Musk che, con il suo Department Of Government Efficiency (DOGE), si è intrufolato nei meandri dell’amministrazione pubblica licenziando migliaia di persone, chiudendo agenzie federali, revocando stanziamenti federali già approvati dal Congresso e forzando tutti i ministeri a ridurre del 10% circa il loro budget.

Una tempesta che si è trasformata in un ciclone dopo che lo stesso presidente ha lanciato la sua campagna dei dazi. Decisioni che hanno forzatamente rimescolano le carte nei rapporti con gli alleati evidenziando l’autoisolazionismo commerciale, militare e diplomatico che questa Amministrazione ha scelto di intraprendere.

Non sorprende quindi che la Casa Bianca stia prendendo in considerazione l’idea di rinunciare alla leadership militare nella NATO, una responsabilità che gli Stati Uniti hanno ricoperto per quasi 80 anni. Secondo NBC News, che ha dato la notizia citando due funzionari del Pentagono a conoscenza dei piani, il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, sta revisionando la catena di comando delle operazioni militari all’interno dell’Alleanza Atlantica dopo la direttiva di tagliare il bilancio del Pentagono dell’8%. Una decisione che abolirebbe la tradizione decennale di avere un alto ufficiale che ricopre il ruolo di Comandante supremo alleato della NATO in Europa, che è attualmente ricoperto dal generale Christopher Cavoli. Ma non solo. Il Pentagono sta valutando anche di abbandonare il piano per l’espansione della forza militare in Giappone (USFJ), in un periodo in cui la Cina e la Corea del Nord lanciano le loro sfide militari.

Pete Hegseth/Ansa

Piani che ora vengono furiosamente respinti dai leader repubblicani delle Commissioni sulle Forze Armate sia del Senato, Roger Wicker, che della Camera, Mike Rogers. Entrambi solo un paio di mesi fa hanno difeso a spada tratta la nomina di Hegseth per ricoprire la carica di segretario alla Difesa nonostante le sue evidenti lacune. Ora, però, arrivano i ripensamenti. “Il comando supremo della NATO è la punta della lancia della difesa americana in Europa”, hanno affermato in una comunicazione congiunta Wicker e Rogers. “Pertanto, siamo molto preoccupati che il Dipartimento della Difesa stia prendendo in considerazione cambiamenti unilaterali su queste importanti questioni strategiche, tra cui significative riduzioni delle forze statunitensi di stanza all’estero, in assenza di coordinamento con la Casa Bianca e il Congresso”.

Il populismo porta voti ai politici che lo professano, ma sconquassa le alleanze. Ora dopo tutte le minacce lanciate da Trump al Canada, chiamato dal presidente “il 51mo Stato dell’Unione”, e alla Danimarca, perché il capo della Casa Bianca ha detto che vuole annettere “in un modo o in un altro” la Groenlandia, entrambi Paesi della NATO, i leader dell’Alleanza Atlantica sono preoccupati. Un allarme evidenziato dopo le ripetute aperture alla Russia e la sospensione della maggior parte degli aiuti esteri. Poi il recente blocco dell’amministrazione Trump sulle informazioni di intelligence all’Ucraina, per costringere Kiev a negoziare con Mosca, ha ulteriormente alimentato i timori che gli Stati Uniti possano avere modi simili per costringerli in una futura lotta come incorporare un ipotetico “kill switch” nei nuovi F-15 per bloccare i comandi. Per molti anni gli alleati hanno fatto affidamento sulla struttura militare americana e ora si accorgono che l’osso portante della loro difesa potrebbe essere usato contro di loro. Tanto che i ministri della Difesa europei e canadesi hanno iniziato a valutare le alternative alle armi statunitensi riconsiderando la decisione strategica di legare la loro difesa ai sistemi realizzati negli Stati Uniti.

In Canada il nuovo primo ministro Mark Carney ha chiesto al ministro della Difesa Bill Blair di rivedere l’acquisto degli F-35. Ottawa è stato un partner Washington nello sviluppo dell’F-35. E in Portogallo, il ministro della Difesa uscente Nuno Melo ha detto in un’intervista la scorsa settimana che “le recenti posizioni assunte dagli Stati Uniti hanno costretto a ripensare all’acquisto di F-35 perché sono diventati imprevedibili”. Lisbona sta valutando varie opzioni per sostituire i suoi F-16.

“Quando si acquistano aerei militari dagli USA – afferma all’Independent Winslow Wheeler, esperto del Congresso sulla Difesa – non si compra solo un aereo, si acquista una relazione con gli Stati Uniti. In passato le persone non solo hanno accolto con favore, ma hanno desiderato ardentemente questo tipo di relazione”. Wheeler sostiene che sarebbe molto improbabile che un “kill switch” possa essere inserito nei programmi dell’F-35 aggiungendo però che “l’F-35 richiede costanti aggiornamenti tecnologici controllati dagli Stati Uniti. Se le relazioni fra gli Stati Uniti e Paesi che hanno acquistato gli aerei si dovessero inasprire e gli aggiornamenti venissero ritardati, i caccia sarebbero inutilizzabili”. Questo fatto ha allarmato molti Paesi della NATO che stanno cercando soluzioni alternative.

Il Saab Gripen, l’Eurofighter Typhoon e il Dassault Rafale potrebbero prendere il posto dell’F-35.

David Jordan, docente senior di studi sulla difesa al King’s College di Londra e co-direttore del Freeman Air and Space Institute, ha affermato al Time che in precedenza i leader europei ritenevano che fosse più facile e più conveniente appoggiarsi all’industria della difesa degli Stati Uniti. Ma la decisione di Trump di allontanarsi dall’Europa è ora un punto di svolta per le prossime decisioni.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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