Un leader “forte e autorevole”: la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, non ha mai fatto mistero delle sue simpatie per l’inquilino della Casa Bianca, al cui insediamento ha anche partecipato.
Ma questa volta lo ha detto alla Camera dei Deputati durante un dibattito alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles dove si discuterà del piano “Rearm Europe”, pensato dalla Commissione Ue per la difesa del continente di fronte al disimpegno degli Usa. “Sosteniamo gli sforzi di Trump, è un leader forte e autorevole che può imporre le condizioni per una pace giusta e duratura (in Ucraina). Credo non vedremo le scene di debolezza occidentale che abbiamo visto in Afghanistan, la questione si gioca sulle garanzie di sicurezza” ha detto Meloni.
“Ieri c’è stata una lunga conversazione” tra Trump e Putin, “da quello che apprendiamo finora c’è una ipotesi di cessate il fuoco parziale limitato a infrastrutture strategiche, è un primissimo spiraglio nel senso di quanto concordato a monte tra Trump e Zelensky”, ha anche affermato Meloni.
La questione del riarmo europeo (e delle forniture di armi all’Ucraina) spacca in Italia sia la maggioranza (la Lega è contrarissima, secondo il vicepremier Matteo Salvini se ci sono 800 miliardi è meglio investirli in scuole, mentre Forza Italia dell’altro vicepremier Antonio Tajani ha già votato a favore al Parlamento europeo) sia l’opposizione: i Cinque Stelle aderiscono al fronte pacifista puro e duro, il Partito democratico è spaccato al suo interno.
Alla Camera, la segretaria dem Elly Schlein ha detto che il piano “Rearm Eu” “va cambiato, radicalmente” perché “Serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati. Serve la volontà politica di fare un esercito comune” da finanziare “con gli investimenti comuni e col debito europeo, non col debito nazionale”. Insomma il 20 e 21 marzo a Bruxelles le posizioni italiane saranno complicate. Intanto però su una cosa Meloni è riuscita a unire l’opposizione dal centro all’estrema sinistra. In aula, ha attaccato il Manifesto di Ventotene, cioè il documento che alcuni dei padri europei fra cui Altiero Spinelli stilarono, giovani politici confinati sull’isola pontina dal regime fascista, immaginando il futuro di un’Europa federale. Quel Manifesto, secondo Meloni, rappresenta un’idea di Europa che “non è la mia”: perché nel testo scritto da quei socialisti confinati – che poi furono fra i padri Costituenti della Repubblica dopo la seconda guerra mondiale – si cita “la rivoluzione” che porterebbe alla “vera democrazia”.