La crescente repressione degli attivisti pro-palestinesi negli Stati Uniti sta alimentando preoccupazioni riguardo al rispetto dei diritti civili e alla libertà di espressione. Momodou Taal, un dottorando in studi africani alla Cornell University di New York, ha deciso di intraprendere una causa legale contro l’amministrazione Trump per bloccare due decreti esecutivi che potrebbero portare alla sua espulsione. Taal, cittadino del Gambia e del Regno Unito, teme che le sue attività di attivismo possano metterlo in difficoltà con il governo americano.
Tutto ha avuto inizio il 26 aprile 2024, quando il ragazzo viene informato tramite un messaggio da Christina Liang, direttrice dell’Office of Student Conflict and Community Standards, di essere stato sospeso temporaneamente, a causa del suo coinvolgimento in un accampamento non autorizzato, la cosiddetta “Zona Liberata”, organizzata sull’Arts Quad della Cornell University.
Nella comunicazione, Liang sottolineava che l’interdizione era dovuta alla violazione della “politica provvisoria sulle attività espressive”, che, nella Sezione F, stabilisce chiaramente che “il campeggio all’aperto richiede una registrazione preventiva”, una disposizione che Taal non aveva rispettato.
Il ricorso legale arriva anche a seguito del fermo di Mahmoud Khalil, un ex studente della Columbia University di Manhattan, che ora rischia di essere deportato dopo aver attirato l’attenzione delle autorità per le sue posizioni politiche. Khalil, che è residente legale in America, è stato arrestato dopo aver subito minacce di deportazione. L’amministrazione in carica ha ripetutamente definito gli attivisti pro-palestinesi “simpatizzanti del terrorismo” e ha promesso di rintracciarli, ed espellerli dal paese.
La causa legale di Taal, che ha già attirato l’attenzione delle organizzazioni per i diritti umani, rappresenta un segnale preoccupante di come l’impegno politico possa essere messo sotto accusa, in particolare quando si scontra con le direttive della Casa Bianca. La denuncia si basa sul timore che i decreti esecutivi firmati dal leader del GOP possano essere utilizzati come strumento per reprimere la libertà di espressione e le attività degli studenti stranieri.
La vicenda si svolge in un contesto già carico di tensione, accentuato dalle recenti perquisizioni nei dormitori della Columbia University, dove alcuni giovani sono stati accusati di legami con movimenti radicali. Gli agenti federali hanno pure ispezionato le abitazioni degli studenti alla ricerca di prove relative al cosiddetto “terrorismo interno”, suscitando preoccupazioni sulla libertà accademica e alimentando il timore di un’escalation autoritaria.
L’incertezza sul contenzioso potrebbe essere dissipata già nelle prossime ore, con una prima udienza fissata per oggi. Il risultato di questo caso potrebbe determinare non solo il futuro dell’uomo, ma anche l’equilibrio tra i diritti civili e le politiche di sicurezza nazionale nel contesto delle libertà accademiche e politiche negli USA.
L’eventuale esito della sentenza potrebbe infatti stabilire un pericoloso precedente riguardo alla repressione delle voci critiche e attiviste, in particolare quelle che sostengono la causa palestinese.