Alla fine, tra sorrisi e strette di mano in pubblico, il vertice dei ministri degli Esteri del G7 in Canada si è concluso con due compromessi. Da una parte, la pax trumpiana, per la quale gli Stati Uniti hanno dovuto accettare il poco gradito impegno di sostenere “l’integrità territoriale” dell’Ucraina nel corso delle trattive che Kiev avrà con Mosca. In cambio gli altri Sei hanno dovuto incassare il no della Casa Bianca sulla creazione dei due Stati come soluzione alla guerra tra Israele e Hamas.
Nel documento finale si mette in evidenza “l’incrollabile sostegno” a Kiev e, soprattutto, si fa riferimento alla difesa della sua “integrità territoriale”, parole poco gradite dalla Casa Bianca. Allo stesso modo i Paesi del G7 hanno sottolineato il raggiungimento di “una pace giusta in linea con la Carta dell’Onu”, aggiungendo poi “l’impegno dell’Ucraina per un cessate il fuoco immediato”.
Il vertice è finito prima dei tempi prestabiliti perché la delegazione canadese al gran completo ha dovuto abbandonare i lavori per prendere parte alla cerimonia di giuramento del primo ministro Mark Carney, che si è insediato oggi in sostituzione di Justin Trudeau.
Per ora la spaccatura tra i Sei e gli Stati Uniti è stata coperta con un velo. Quello che i ministri degli Esteri si sono detti in privato dopo la guerra commerciale e le minacce di annessione a Canada e Groenlandia fatte da Trump si può solo immaginare. “I discorsi bilaterali tra la delegazione degli Stati Uniti e quella del Canada sono stati molto chiari”, ha detto la ministra deli Esteri canadese Melanie Joly. Ha aggiunto di aver avuto la totale solidarietà da parte degli altri rappresentanti affermando che molti degli alleati pensavano che i commenti di Trump fossero uno scherzo. “Ho detto loro che non era uno scherzo: i canadesi sono ansiosi, i canadesi sono persone orgogliose e voi siete qui in un Paese sovrano. Quindi non ci aspettiamo che questo venga nemmeno discusso e di sicuro per noi canadesi è una minaccia, non è una barzelletta. Con Rubio ho avuto una conversazione sincera. Certo, la sovranità del Canada non è in discussione e abbiamo avuto una lunga conversazione su dazi e commercio. Le tariffe di Trump danneggiano non solo noi, ma anche gli americani. Questo è il nostro messaggio, questo è il nostro approccio”.

I canadesi poi sono anche allarmati dal desiderio di Trump di riportare Putin nel G7. La Russia è stata cacciata dal G8 dopo aver invaso la Crimea all’Ucraina nel 2014.
Rubio, nel suo primo viaggio ufficiale in Canada e il suo primo evento del G7, ha ascoltato le lamentele dei suoi omologhi. Molti, in particolare i giapponesi, hanno fatto appello a lui affinché usasse la sua influenza sul presidente per evitare questa guerra commerciale. Ma il segretario di Stato ha risposto a tutti che Trump non cederà.
Dopo tre giorni di cene e incontri, i massimi diplomatici di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia, Germania, Italia e Giappone hanno alla fine firmato il comunicato finale. Fino all’ultimo c’era il timore che l’unità del blocco fosse venuta meno a causa dei dazi imposti da Trump. Il segretario di Stato Rubio ha cercato di minimizzare la guerra commerciale lanciata dalla Casa Bianca sostenendo che le decisioni sulle tariffe non dovevano essere interpretate come atti ostili verso gli alleati degli Stati Uniti. “È un’iniziativa amichevole e a sostegno del nostro interesse nazionale come Paese”, ha affermato glissando le domande dei giornalisti sulle minacce di annessione fatte dal capo della Casa Bianca per il Canada e per la Groenlandia.
Si è parlato molto anche di altri problemi, come quello della Cina e sul contrasto alle cosiddette “flotte ombra” che Pechino avrebbe creato per stipare materiale militare. È stato chiesto alla Repubblica popolare di impegnarsi in “discussioni strategiche sulla riduzione dei rischi di una escalation” e di “promuovere la stabilità tramite la trasparenza”.
I ministri, con l’eccezione degli Stati Uniti che si sono opposti, hanno invitato gli 8 Paesi nordici e baltici (Danimarca, Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia, Svezia), a unirsi al G7 in “una Shadow Fleet Task Force per migliorare il monitoraggio e il rilevamento e per limitare in altro modo l’uso di flotte ombra impegnate in attività illegali, pericolose o pericolose per l’ambiente, basandosi sul lavoro di altri attivi in questo settore”.