Come riferito dal New York Times, l’amministrazione Trump ha sgomberato nuovamente la base militare di Guantanamo, riportando negli Stati Uniti circa 40 migranti che erano stati trasferiti lì.
Al momento, il governo non ha rilasciato informazioni circa le motivazioni del repentino spostamento. Non è la prima volta che l’amministrazione Trump si ritrova costretta a sgomberare la base in questione. Solo poche settimane fa, il governo aveva rimpatriato circa 177 venezuelani che erano stati deportati presso la struttura, nota per essere stata utilizzata per la detenzione dei terroristi.
Stavolta, invece, stando a quanto affermato da alcuni funzionari che per ovvie ragioni hanno preferito mantenere l’anonimato, i migranti sono stati portati presso l’aeroporto di Alexandria, in Louisiana, un hub che è stato coinvolto in più occasioni dalle operazioni dell’ICE.
Fin dal suo ritorno alla Casa Bianca, il presidente Trump aveva ordinato ai dipartimenti della Difesa e della Sicurezza interna di prepararsi a inviare i migranti a Guantanamo, come parte della realizzazione del suo piano riguardante le deportazioni di massa. Fino ad ora, dalla base statunitense sono passati non meno di 290 immigrati, provenienti da 27 Paesi.
Il governo ha presentato la prigione come una buona struttura di detenzione per gli individui pericolosi, come i venezuelani ritenuti parte del Tren de Aragua, una gang che l’amministrazione ha designato come organizzazione terroristica straniera.
Tuttavia, non sono state presentate prove che affermino che i venezuelani deportati a Guantanamo fossero membri della banda. Al contrario, la maggior parte di coloro di cui si conosce l’identità non ha precedenti penali negli Stati Uniti.
In queste settimane, presso la base americana non sono mancati episodi di tensione. In alcuni casi, infatti, i militari americani hanno dovuto legare gli immigrati per non permettere loro di autoinfliggersi ferite pericolose o addirittura mortali.
Ad oggi, l’”operazione Guantanamo” è già costata agli Stati Uniti ben 16 milioni di dollari. Nel frattempo, i gruppi per le libertà civili e i diritti degli immigrati hanno intentato due cause per contestare la politica promossa da Trump.
In una, si chiede un ordine del tribunale che consenta ai detenuti di poter consultare i rispettivi avvocati. L’altra, invece, contesta la legalità dei trasferimenti fortemente voluti dal governo.
Entrambi i casi sono stati assegnati al giudice Carl J. Nichols, nominato da Trump, che nei prossimi giorni esaminerà queste operazioni.
Il Dipartimento di Giustizia, da canto suo, ha difeso la validità del piano portato avanti dall’amministrazione, appellandosi all’Immigration and Naturalization Act. La legge in questione, afferma che il governo può trattenere le persone in una struttura federale.