Circa 100 persone sono state arrestate mentre occupavano l’atrio della Trump Tower a New York per chiedere il rilascio di Mahmoud Khalil, lo studente palestinese della Columbia University prelevato sabato scorso dalla sua casa di New York e ora detenuto in Louisiana dalle autorità statunitensi per l’immigrazione.
La protesta era organizzata da Jewish Voice for Peace, un’associazione newyorkese che ha già messo in atto manifestazioni in altri luoghi simbolici della città e che si descrive come “la più grande organizzazione ebraica progressista anti-sionista al mondo”.
Nel primo pomeriggio, la polizia ha iniziato ad arrestare i manifestanti, che intonavano slogan come: “Liberate Mahmoud, liberateli tutti”, “Combattete i nazisti, non gli studenti”, “Non ci piegheremo, Mahmoud, siamo con te”, “Riportate Mahmoud a casa subito”. Secondo un comunicato della polizia, i manifestanti sono accusati di violazione di proprietà privata, ostruzione e resistenza all’arresto.
Diversi post sui social media hanno documentato l’occupazione nell’atrio dorato della Trump Tower.
Tra le 250 persone presenti nell’atrio, tutte vestite con magliette rosse con la scritta “Gli ebrei dicono: smettete di armare Israele”, c’era anche l’attore Debra Winger. Trump “non ha alcun interesse per la sicurezza degli ebrei”, ha dichiarato Winger, accusandolo di “strumentalizzare l’antisemitismo”. “Sto solo difendendo i miei diritti e sto difendendo Mahmoud Khalil, che è stato rapito illegalmente e portato in una località sconosciuta. Vi sembra che questa sia l’America?”

Anche Sonya E. Meyerson-Knox, direttrice della comunicazione per Jewish Voice for Peace, ha pubblicato un video della protesta su X. “Mia nonna ha perso i suoi cugini nell’Olocausto” ha dichiarato in una intervista. “Sono cresciuta ascoltando queste storie. Sappiamo cosa succede quando i regimi autoritari iniziano a prendere di mira le persone, rapirle di notte, separarle dalle loro famiglie e usarle come capro espiatorio. E sappiamo che da qui il passo verso la perdita totale del diritto di protestare e orrori ancora peggiori è molto breve”.
“La detenzione di Mahmoud è un’ulteriore prova del fatto che siamo sull’orlo di una completa presa di potere da parte di un regime repressivo e autoritario” dice una dichiarazione dell’associazione. “Come ebrei con coscienza, conosciamo la nostra storia e sappiamo dove porta tutto questo. Tocca a tutti noi alzarci in piedi ora. Molti di noi sono discendenti di persone che hanno resistito al fascismo europeo e troppi dei nostri antenati hanno perso la vita in quella lotta. Ci appelliamo alla forza dei nostri antenati e alla nostra tradizione, che ci insegna a non restare mai a guardare”.
Nel frattempo, Mahmoud Khalil rimane detenuto in Louisiana. Mercoledì un giudice federale ha stabilito che lo studente palestinese, titolare di una Green Card, arrestato sabato dagli agenti dell’ICE e trasferito in un centro di detenzione nello Stato del sud, debba restare in custodia mentre il suo caso viene esaminato.
Il giudice federale Jesse Furman ha temporaneamente bloccato il processo di espulsione, e ha anche concesso agli avvocati di Khalil il diritto a comunicare con lui, cosa che finora era stata negata. Lo studente ha diritto a una telefonata al giorno con i suoi legali il mercoledì e giovedì.

Khalil, 30 anni, è considerato dal Dipartimento della Giustizia un simpatizzante di Hamas. Era stato uno dei principali organizzatori delle proteste alla Columbia University contro la guerra di Israele a Gaza, iniziata dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Aveva appena completato un master e dovrebbe laurearsi a maggio. È sposato con una cittadina americana incinta di otto mesi.
È detenuto senza incriminazioni, in base a una disposizione quasi mai usata della legge sull’immigrazione che consente al Segretario di Stato di approvare la detenzione di chiunque sia ritenuto una minaccia per la politica estera degli Stati Uniti. Gli attivisti considerano il suo arresto come un ballon d’essai dell’amministrazione Trump, per vedere se riesce a mettere in atto la deportazione anche di titolari di Green Card dietro pretesti.
Sua moglie, Noor Abdalla, 28 anni, ha detto mercoledì “Mio marito è stato rapito da casa nostra ed è vergognoso che il governo degli Stati Uniti continui a trattenerlo solo perché ha difeso i diritti e la vita del suo popolo. Chiedo il suo immediato rilascio e il ritorno alla nostra famiglia. Tante persone che conoscono e amano Mahmoud si sono unite, rifiutandosi di restare in silenzio. Il loro sostegno è una testimonianza del suo carattere e della profonda ingiustizia di ciò che gli stanno facendo”.