La rielezione di Donald Trump ha segnato un momento di grande speranza per i miliardari che lo avevano sostenuto. Ma a distanza di poco più di due mesi dal suo giuramento, la realtà si è rivelata ben diversa da quella che avevano immaginato. Quelli che, poco prima, sembravano essere i più grandi beneficiari della sua presidenza, con un’ascensione dei mercati azionari che aveva gonfiato le loro ricchezze, si sono ritrovati a fare i conti con un’inversione di tendenza che ha eroso enormemente il loro patrimonio. Bloomberg, una delle principali agenzie americane di stampa finanziaria, calcola che siano stati bruciati 209 miliardi di dollari.
Il periodo che ha seguito il subentro di Trump aveva visto un vero e proprio boom per gli uomini più ricchi del mondo, Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg ed altri avevano visto le loro aziende decollare, con guadagni vertiginosi che sembravano promettere un futuro piuttosto prospero. Le azioni di Tesla, ad esempio, erano aumentate del 98% subito dopo la rielezione del magnate, mentre l’indice Standard & Poor’s 500, un indicatore azionario che misura la performance di 500 delle principali aziende statunitensi quotate in borsa, registrava numerosi record storici. Tuttavia, l’entusiasmo iniziale ha lasciato rapidamente spazio a un brusco declino.
Nel giro di poche settimane, le promesse di crescita economica e vantaggi fiscali si sono scontrate con una realtà segnata da incertezze politiche e economiche. L’S&P 500, che era stato il simbolo della prosperità durante la campagna elettorale repubblicana, ha subito una perdita del 6,4%, una tendenza che ha continuato a manifestarsi in modo drammatico, con un crollo del 2,7% solo in una singola giornata.
Le aziende che avevano portato i miliardari alla vetta della ricchezza, da Tesla a Amazon, da Meta a LVMH, hanno avuto perdite devastanti. L’azienda di Musk, che aveva raggiunto una capitalizzazione record di 486 miliardi di dollari, ha visto evaporare questa cifra, con il titolo che ha perso tutti i guadagni registrati. Dalla Germania alla Cina, le vendite dell’auto sono crollate e accusato pesanti perdite anche in mercati chiave. Amazon, di proprietà di Jeff Bezos, che aveva scelto di donare un milione di dollari al leader del GOP per l’Inauguration Day, ha visto il valore delle sue azioni scivolare del 14% dal giorno dell’insediamento del Presidente.
Anche le fortune di Sergey Brin, il cofondatore di Google, e di Mark Zuckerberg hanno visto il loro valore ridursi drasticamente. L’incertezza legata alla politica tariffaria e i segnali di crisi economica globale hanno pesato come un macigno sulle azioni di Alphabet, la società madre di Google, e di Meta, nonostante i guadagni iniziali legati alla ripresa dell’azienda nel periodo post-elettorale. Pure il colosso francese LVMH, che racchiude marchi fra i più prestigiosi al mondo, controllato da Bernard Arnault, ha visto precipitare la sua capitalizzazione dopo un picco iniziale, con il timore che possibili dazi sui beni di lusso europei possano compromettere ulteriormente i risultati.
A oltre due mesi dall’insediamento di Donald Trump, quindi, i sogni di un’era dorata si sono dissolti fra incertezze e perdite. Le società che avevano costruito il loro impero su promesse di liberismo e favori fiscali si trovano ora a fare i conti con una realtà finanziaria ben più complessa di quanto potevano immaginare. I grandi capitalisti che avevano appoggiato le politiche repubblicane si trovano a dover fronteggiare una delle più grandi perdite di ricchezza degli ultimi tempi, che ridisegna un capitolo inaspettato nella loro storia economica.