Uno studio condotto in Italia dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV a Roma e di recente pubblicato sulla rivista Geosciences, sostiene che sul pianeta Marte potrebbe esserci acqua liquida per brevissimi periodi dell’anno. In particolare, lo studio ha rilevato che nella zona in cui si trovano le dune Russel, Kaiser e Korolev formatesi all’interno di crateri, “sia pure per brevi periodi, nei primi giorni della primavera marziana e in occasione delle folate di vento ogni anno, può comparire acqua in condizioni atmosferiche di temperatura e pressione che consentono la sua comparsa transitoria allo stato liquido”, ha detto Adriano Nardi che ha condotto lo studio insieme ad Antonio Piersanti.
Per studiare questo raro fenomeno, i ricercatori hanno analizzato i segni lasciati sulle dune del Pianeta Rosso, da ben 110 immagini ad altissima risoluzione scattate dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, lanciata nel 2005.
Marte è caratterizzato da un ambiente ventoso e piuttosto arido. Tuttavia, come si evince dallo studio, i ricercatori sottolineano che l’origine dei “liquidi meteorologici” che si formano sui crateri delle dune marziane, hanno luogo attraverso processi diversi da quelli conosciuti sulla Terra. Inoltre, gli autori della ricerca puntualizzano che “i radar MARSIS della missione Mars Express, supportano l’ipotesi che Marte conservi ancora l’acqua immagazzinata nel terreno sotto forma di permafrost”.
Secondo Nardi, “sulla cima della duna, ci sono solchi che potrebbero essere dovuti alla presenza di vapore che condensa: “quando i canali restano in penombra si osservano tracce di umidità assorbita dalla sabbia. Viceversa, quando un canale svolta in direzione della luce, si assiste all’immediata evaporazione dell’acqua che si era conservata liquida fino a quel punto”. Se l’ipotesi dello studio venisse definitivamente confermata, aprirebbe nuove strade alla ricerca di forme di vita microbica e potrebbe servire a localizzare e indirizzare le future missioni spaziali su Marte verso i siti di atterraggio nei luoghi dove c’è potenzialmente la presenza di acqua.