Alcuni degli alleati storici di Washington stanno considerando di limitare la condivisione di informazioni di intelligence con gli Stati Uniti dopo l’intensificarsi delle relazioni dell’amministrazione Trump con la Russia.
Secondo quattro fonti citate da NBC, una delle principali reti statunitensi, paesi come Israele, Arabia Saudita e i membri dell’alleanza di spionaggio Five Eyes – Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda – starebbero rivedendo i protocolli di cooperazione per evitare il rischio che messaggi riservati finiscano in mani indesiderate.
Per decenni, la rete delle agenzie di sicurezza tra gli Stati Uniti e i loro partener è stata uno strumento chiave per la sicurezza globale. Durante la Guerra Fredda, ha contrastato l’Unione Sovietica, mentre negli ultimi decenni ha giocato un ruolo centrale nella lotta al terrorismo. Oggi, però, la crescente incertezza sulla politica americana rischia di incrinare questa datata collaborazione.
Le recenti decisioni dei repubblicani, dalla sospensione dell’assistenza di intelligence all’Ucraina fino al presunto allentamento della pressione sul Cremlino nelle operazioni di spionaggio informatico, hanno alimentato timori tra i paesi occidentali. Secondo alcuni ex funzionari statunitensi, “la terra degli Zar potrebbe non essere più considerata una minaccia prioritaria”, il che potrebbe portare la Casa Bianca a ridimensionare la raccolta di notizie su Mosca.
Funzionari dell’amministrazione e alcuni esponenti del GOP difendono la linea di Trump, e sostengono che il suo approccio sia una strategia per portare la Russia al tavolo dei negoziati e stabilizzare la situazione in Europa. La sfiducia nei confronti di Vladimir Putin comunque resta elevata.
Tuttavia, i principali alleati minimizzano pubblicamente la questione. Il Regno Unito ha ribadito che la cooperazione con gli Stati Uniti rimane “solida”, mentre il Canada ha definito il rapporto con Washington “resiliente e strategico”. Anche Israele ha garantito che la collaborazione resta “più forte che mai”.
Eppure, dietro le dichiarazioni ufficiali, le preoccupazioni persistono. Alcuni governi starebbero valutando di limitare l’accesso a informazioni sensibili provenienti da fonti umane o di rivedere i canali di comunicazione con la White House.
Uno dei nodi più delicati riguarderebbe la sicurezza informatica. L’amministrazione Trump ha sospeso alcune operazioni cyber offensive e ha evitato di menzionare la Federazione tra le principali minacce digitali, concentrandosi invece su Cina e Iran.
Questa scelta solleva interrogativi sulla possibilità che esista un accordo non ufficiale tra Washington e il Cremlino per ridurre le tensioni nel cyberspazio. Ma gli esperti mettono in guardia: la Russia è considerata un vero e proprio hub per hacker e criminali informatici, responsabili di attacchi ransomware che ogni anno causano danni multimilionari a istituzioni e aziende occidentali.
Nel corso della storia, vari presidenti americani hanno cercato di “resettare” i rapporti con Mosca, sebbene le esperienze passate dimostrino che ogni tentativo di accordo in ambito di intelligence non sia andato a buon fine.