Il Canada non resterà a guardare. Dopo l’annuncio del presidente americano Donald Trump dell’attuazione di nuovi dazi doganali del 25% sulle merci canadesi e messicane, Ottawa passa al contrattacco con misure speculari. Ma la rappresaglia commerciale si carica di un’ansia più profonda: se la pressione economica statunitense continuerà a crescere, i cittadini potrebbero trovarsi di fronte a un bivio impensabile. Il rischio, sempre più paventato dagli analisti, è che la loro nazione possa finire per essere inglobata come 51esimo Stato americano.
La risposta del governo canadese è stata immediata e dura. Il primo ministro Justin Trudeau e il premier dell’Ontario, Doug Ford, hanno manifestato la loro indignazione per la nuova offensiva. Ford, che ha recentemente rafforzato il suo mandato politico con una vittoria schiacciante nelle elezioni speciali dell’Ontario, ha annunciato contromisure drastiche, tra cui il possibile blocco delle esportazioni di elettricità verso gli USA come riportato dal Toronto Sun.
Secondo il premier provinciale, gli americani dipendono in maniera significativa dalle risorse energetiche canadesi e, se la Casa Bianca vorrà colpire duramente, lo “Stato della foglia d’acero”, è pronto a rispondere con il doppio della forza.
L’Ontario gioca un ruolo chiave nella rete energetica nordamericana, fornisce infatti agli Stati Uniti il 93% delle loro importazioni di elettricità e una quota rilevante di petrolio e gas naturale. Ford ha dichiarato che il Canada non resterà inerme di fronte a una guerra commerciale unilaterale e che sarà pronto a fare in modo che gli americani “sentano il dolore” delle loro stesse decisioni. La sua linea ha trovato il sostegno di altri leader locali, i quali hanno sottolineato come questa sia una battaglia che trascende le divisioni politiche: il governo federale e quelli provinciali si mostrano uniti contro la minaccia tariffaria statunitense.
Trump tuttavia non sembra mostrare segni di cedimento. Il leader del GOP ha confermato che i nuovi dazi entreranno in vigore immediatamente e ha ribadito che non vi sono più margini per negoziati. Ha inoltre invitato le case automobilistiche a trasferire le loro fabbriche negli USA per evitare le tariffe e ha attribuito la stretta commerciale alla necessità di contrastare il traffico di droga attraverso i confini.
Sebbene la tensione economica tra i due paesi sia ormai evidente, tra i canadesi cresce l’inquietudine: l’eventualità che questa escalation possa portare il Paese a una progressiva erosione della sua indipendenza. Alcuni osservatori temono che, se lo Stato dovesse entrare in una crisi economica profonda a causa delle misure protezionistiche, potrebbe finire con l’essere sempre più dipendente da Washington, fino al punto di non ritorno.
Il premier della British Columbia, David Eby, ha recentemente dichiarato alla BBC che molti canadesi vedono le politiche repubblicane come una “minaccia esistenziale”. Eby ha spiegato: “Dobbiamo prendere Trump sul serio, quel che dice intende farlo. Quando parla del Canada come il 51esimo Stato, noi vediamo quell’affermazione come una minaccia”. Anche il premier Trudeau ha risposto con fermezza e ha sottolineato che “non c’è nessuna possibilità che il Canada possa unirsi agli Stati Uniti”.