Nei piani di Donald Trump, il programma di smantellamento della burocrazia federale (coordinato dal Dipartimento per l’Efficienza Governativa-DOGE) serve a rendere più efficiente la pubblica amministrazione e, in definitiva, tutti gli Stati Uniti. Eppure ad oggi è un altro Paese a goderne i maggiori benefici: la Russia.
Le azioni di Trump, che siano presentate come iniziative “pro business” o “contro l’overregulation”, sembrano infatti favorire in modo diretto gli interessi del Cremlino, indebolendo la capacità di Washington di difendersi da interferenze straniere, attacchi informatici e infiltrazioni di natura corruttiva. Ecco i nodi più delicati in cui si intrecciano gli interessi russi con le politiche di Trump.
La dismissione del Foreign Agents Registration Act (FARA)
A inizio febbraio, l’Attorney General degli Stati Uniti, Pam Bondi, ha ufficialmente annunciato la soppressione della “Foreign Influence Task Force”, l’unità deputata al controllo delle violazioni del Foreign Agents Registration Act (FARA). La legge è stata istituita per garantire la trasparenza e l’obbligo di registrazione a chi fa lobbying per governi stranieri, tra cui la Russia.
Bondi ha parlato di un modo per “liberare risorse per affrontare priorità più urgenti”. Ma la sua scelta ha il sapore di una mossa che rende ancora più permeabile il sistema statunitense alle pressioni straniere. Il FARA avrebbe dovuto proteggere gli Stati Uniti dalla disinformazione, dalla corruzione e dalle manovre politiche. Con la riduzione dei controlli, invece, Trump di fatti facilita il lavoro di agenti russi, oligarchi e influencer che possono ora operare senza dover rendere conto delle loro attività.
Lo smantellamento di KleptoCapture
Bondi ha anche annunciato il disfacimento della task force KleptoCapture, lanciata nel 2022 per rintracciare e sequestrare i beni degli oligarchi russi sottoposti a sanzioni.
Grazie ad essa, gli inquirenti di Washington erano riusciti a incriminare oligarchi filo-putiniani come Oleg Deripaska e Konstantin Malofeyev. Senza l’unità, invece, il cerchio magico di Putin potrà nascondere più agevolmente le proprie immense ricchezze, continuando a finanziare le operazioni del Cremlino (tra cui la guerra in Ucrina).
La fine delle indagini sulle interferenze straniere
Un altro tassello fondamentale è la soppressione dell’unità FBI incaricata di investigare le interferenze straniere nelle elezioni statunitensi.
Nata in seguito alle azioni di propaganda russe nelle elezioni del 2016, la task force aveva come obiettivo quello di fermare le operazioni di disinformazione e manipolazione elettorale. Con l’ordine di “liberare risorse” per altre priorità partito dalla Casa Bianca, Mosca può operare con maggiore libertà. Ad esempio diffondendo fake news, finanziando gruppi politici e, potenzialmente, alterando il corso delle elezioni.
Il ridimensionamento di USAID
L’amministrazione Trump ha colpito anche l’agenzia per lo sviluppo USAID, che fornisce aiuti economici e promuove la democrazia in Paesi come Ucraina, Moldavia e i Balcani, che sono da sempre sotto il mirino delle influenze russe. La chiusura o il ridimensionamento delle attività non solo riduce la capacità di resistenza dei Paesi in esame, ma rende anche più facile per Putin destabilizzare regioni che un tempo erano sotto il controllo sovietico.
Il via libera al riciclaggio di denaro
Un altro capitolo decisivo riguarda la sospensione di una norma chiave contro il riciclaggio di denaro, che obbligava le società di comodo a dichiarare i propri beneficiari effettivi.
Il provvedimento, parte del Corporate Transparency Act voluto da Biden per contrastare il riciclaggio e l’evasione fiscale, è anch’esso stato annullato a inizio febbraio dall’amministrazione Trump. La svolta permette non solo a soggetti legati alla criminalità organizzata, ma anche agli oligarchi russi, di continuare a operare senza troppa sorveglianza. Ciononostante, è stata salutata da Trump come una “vittoria contro l’oppressione delle regolamentazioni di Biden”.
La riduzione delle forze di sicurezza informatica
Infine, Trump ha ridotto drasticamente le risorse della Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), ente che sovrintende alla sicurezza delle infrastrutture critiche degli Stati Uniti, incluse quelle elettorali. Le riduzioni di personale e la sospensione di attività di monitoraggio delle minacce cyber mettono a serio repentaglio le operazioni di protezione contro attacchi esterni, in particolare da paesi come la Russia.
In sostanza, la nuova amministrazione sembra aver dato alla Russia ciò che voleva: meno controlli, più spazi di manovra, sanzioni ridotte. “Sarebbe ingenuo pensare che il Cremlino non colga il segnale”, avverte Larry Norden del Brennan Center for Justice. Per Putin, è un’occasione d’oro. Per gli Stati Uniti, forse, un azzardo strategico.