Donald Trump questa sera alle 9 farà il primo discorso ufficiale al Congresso dopo il suo ritorno alla Casa Bianca. Non è uno Stato dell’Unione perché anche se per lui è una rentrée, è il primo incontro da presidente eletto. E lo fa in una posizione di forza, con Camera e Senato che lo sostengono, e che finora gli hanno lasciato carta bianca nel suo assalto alle istituzioni.
Nel suo tipico stile da “fuori programma”, incontrando ieri i giornalisti per parlare dell’accordo raggiunto con la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co, una società che investirà negli Stati Uniti 100 miliardi di dollari in quattro anni per la costruzione di impianti per la produzione di semiconduttori, ha detto che ha imposto i dazi del 25% sulle merci importate dal Messico e dal Canada. Raddoppiando anche quelli alla Cina che erano al 10% e passeranno al 20%. Poi ha continuato la polemica con il presidente ucraino Zelensky. “Credo che dovrebbe essere più riconoscente, perché questo paese lo ha sostenuto. Se non fa la pace, non durerà”, aggiungendo poi che l’accordo sulle risorse minerarie ucraine potrebbe ancora essere concluso, escludendo che la proposta sia stata accantonata. “Molte cose stanno accadendo proprio ora, mentre parliamo. Probabilmente ne sentirete parlare domani sera. Penso che sia un ottimo affare per noi. Quattro primi ministri e cinque presidenti mi hanno chiamato negli ultimi due giorni per risolvere la questione. Faremo accordi con tutti per finire questa guerra, inclusa l’Europa e le nazioni europee”.
In serata poi il presidente ha dato ordine di sospendere tutti gli attuali aiuti militari all’Ucraina. La pausa durerà fino a quando il presidente Donald Trump non avrà determinato la buona fede dell’impegno di Kiev verso la pace. Il presidente ha ordinato al capo del Pentagono Pete Hegseth di eseguire la sua disposizione. Il 30 dicembre, l’ex presidente Biden aveva approvato 1,25 miliardi di dollari in armi e attrezzature da attingere dalle scorte del Pentagono nei prossimi sei mesi, fornendo all’esercito ucraino armamenti mentre l’amministrazione Trump entrava in carica. Da allora, le spedizioni sono state inviate in Ucraina circa ogni due settimane, soddisfacendo le esigenze dell’Ucraina senza mettere in pericolo le scorte del Pentagono, poiché nuovi ordini riforniscono gradualmente gli inventari americani. Il Pentagono ha trasferito circa un terzo di quelle spedizioni, il che significa che la direttiva di Trump congela i restanti due terzi.
Il suo intervento di questa sera, quindi, si preannuncia carico di novità. Parlerà in quell’aula presa d’assalto dai suoi sostenitori mentre i parlamentari stavano certificando la vittoria elettorale di Joe Biden, che dopo aver sfondato porte e finestre malmenando i poliziotti, davano la caccia ai parlamentari, vandalizzando i loro uffici. La stessa aula in cui il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy solo pochi mesi fa aveva ricevuto un’accoglienza da eroe per aver combattuto l’invasione russa.
Trump può contare su un congresso compiacente ma è confrontato anche dal calo della sua popolarità nei sondaggi. Secondo la CNN il 52% degli americani disapprova quanto sta facendo nel suo primo mese e mezzo di mandato, contro il 48% che approva. Ma i sondaggi, come dimostrato dalle elezioni, lasciano il tempo che trovano.
I Democratici sono divisi su come rispondere al capo della Casa Bianca: alcuni hanno annunciato che non andranno all’appuntamento. Altri hanno invitato al Congresso, come loro ospiti, alcuni tra i licenziati da Elon Musk. La base democratica ha chiesto sui social di presentarsi con i colori giallo e blu, in segno di vicinanza all’Ucraina.
“Quello che i democratici vogliono mostrare con questi ospiti è che sono gli americani ad essere danneggiati dalle azioni di Elon Musk e Trump”, ha dichiarato al New York Times Brad Schneider, deputato dell’Illinois, spiegando di aver deciso di non boicottare il discorso, come invece faranno altri democratici, per non rendere la vita più facile al presidente e mostrare gli americani che sono rimasti vittime della crociata anti-federali lanciata, a suo nome, da Musk.
Dopo la sua rielezione Trump, avvalendosi della decisione della Corte Suprema che gli ha riconosciuto una immunità parziale, ha avviato unilateralmente lo smantellamento del governo federale e con l’aiuto di Musk sta mettendo alla porta migliaia di dipendenti federali, chiudendo agenzie istituite dal Congresso, bloccando finanziamenti già approvati, maltrattando alleati, Zelensky, e i vicini di casa, Messico e Canada, minacciando Panama e Danimarca, scarcerando mille e 500 persone condannate per l’assalto al Congresso, compreso il leader dei Proud Boys che stava scontando una sentenza di 22 anni di carcere per sedizione, allontanando tutti i funzionari governativi e militari in odore di “woke” che sostengono la diversità, facendo dire a Musk che gli Stati Uniti potrebbero abbandonare Nato e Onu, sanzionando la Corte Penale Internazionale. Un isolazionismo che piace molto al mondo MAGA che diffida degli alleati e che vede le istituzioni internazionali come profittatori della generosità degli Stati Uniti.
Finora i casi legali in cui viene contestata la legalità delle decisioni del presidente sono più di 100. Ma per Trump questo non conta. Compiacendosi della sua nuova autorità conquistata sta mettendo alla prova i limiti della sua autorità esecutiva mentre si rivolge al Congresso per ottenere i tagli fiscali. Solo il Congresso, per legge, può stanziare fondi, o ritirarli, ma le azioni dell’amministrazione Trump hanno sorpassato questa regola sancita dalla Costituzione. Proprio oggi il segretario di Stato Marco Rubio, con una decisione personale, ha sdoganato 2 miliardi di dollari in aiuti militari che il Congresso aveva prima finanziato e poi bloccato.
Il potere esecutivo ha preso quindi il controllo dell’apparato amministrativo, senza passare dal Congresso, contestando l’Impoundment Control Act, che impedisce al ramo esecutivo di bloccare i finanziamenti che il Congresso ha già approvato.
Le decisioni di Trump e della sua amministrazione sono tutte contenute nel Project 2025, che il presidente sostiene di non aver mai letto, ma di cui sta copiando tutte le mosse e il cui autore, Russell Vought, è stato preso da Trump per dirigere l’Office of Management and Budget.
Trump però ha bisogno che il Congresso approvi il bilancio perché i soldi per finanziare le sue iniziative finiranno il 14 marzo e ci sarà lo shutdown se non verrà trovato un compromesso per evitare il default del debito.
Lo speaker Johnson e il leader della maggioranza al Senato John Thune sono in trattative per conciliare le due versioni della proposta di bilancio che però si scontrano sia sui tagli al Medicaid che sull’alzamento del tetto di spesa.
Avendo i repubblicani una maggioranza relativa al Senato la proposta passata dalla Camera non supera alla Camera Alta la barriera dei 60 voti, il quorum necessario per superare l’ostruzionismo. Il Senato ha invece preparato una proposta che però non soddisfa le richieste di Trump.
Mike Johnson ora propone una “legge ponte” fino al 30 settembre, ma anche in questo caso saranno necessari i voti dei democratici. Da vedere chi, alla fine, sarà in grado di trovare la soluzione.