Come rivelato dal Wall Street Journal, il Segretario del Dipartimento della Difesa, Pete Hegseth, avrebbe comunicato alle autorità messicane che gli Stati Uniti potrebbero intraprendere azioni militari, qualora il governo non decidesse di contrastare con decisione i cartelli della droga ed i loro rapporti con una parte deviata delle istituzioni.
Le parole del leader del Pentagono hanno messo sul chi va la i funzionari messicani, che ora temono un’operazione dell’esercito americano all’interno del loro Paese. Le affermazioni di Hegseth arrivano poche ore dopo la decisione del governo del Messico di estradare negli USA 29 narcoboss, tra cui Rafael Caro Quintero, responsabile dell’omicidio dell’agente della DEA Kiki Camarena, ed i fratelli Treviño Morales, leader del cartello de “Los Zetas”.
Un’operazione che in molti avevano visto come un tentativo da parte dell’amministrazione Sheinbaum di contrastare la minaccia del governo Trump di imporre dazi del 25% su tutte le importazioni messicane, a partire dalla prossima settimana.
In settimana, il ministro degli Esteri Juan Ramón de la Fuente ed altri alti funzionari hanno incontrato esponenti del governo americano a Washington, tra cui il Segretario di Stato Marco Rubio, proprio per discutere su questa spinosa vicenda, che rischia di paralizzare l’economia messicana e non solo. In cambio del rinvio delle tariffe sulle importazioni, Trump aveva insistito affinché il Messico adottasse misure severe contro i cartelli, l’immigrazione illegale e la produzione di fentanyl.
Tuttavia, le recenti affermazioni di Hegseth lasciano intendere che il leader MAGA non sia ancora soddisfatto dalle operazioni messe in atto dal governo guidato da Claudia Sheinbaum. D’altronde, giovedì lo stesso presidente USA aveva comunicato sui suoi canali social: “la droga continua ad arrivare nel nostro Paese da Messico e Canada con una frequenza molto alta ed inaccettabile”.
“C’è la sensazione che Trump voglia cose specifiche, come lo spiegamento delle truppe”, ha affermato una fonte a conoscenza dei colloqui tra le parti. Da canto suo, ieri il procuratore generale del Messico, Alejandro Gertz, ha affermato che l’estradizione dei 29 narcos era stata effettuata su richiesta del governo degli Stati Uniti, spiegando che i criminali rappresentavano una minaccia per entrambi i paesi. Gertz ha quindi concluso: “Non c’è modo di giustificare sanzioni contro il Messico”.
Se da un lato il governo Sheinbaum pensava di poter tenere a bada Trump concentrandosi sulla lotta alla droga ed all’immigrazione clandestina, dall’altro ora si ritrova a dover fare i conti con una minaccia completamente nuova, ovvero quella di un possibile intervento militare americano all’interno dei suoi confini.
“Non c’è nulla che può soddisfare realmente Trump, finché non otterrà ciò che vuole realmente”, ha spiegato al WSJ Appleton, avvocato specializzato in commercio internazionale, “vuole i gioielli della corona, ma non ha deciso ancora quali”.
Nel frattempo, in settimana, un gruppo di ex funzionari militari e commerciali statunitensi e messicani, membri del Congresso, analisti ed esperti del mercato della droga si sono riuniti attorno a un tavolo a Capitol Hill, per un’esercitazione di tre ore volta a delineare cosa potrebbe accadere effettivamente se gli Stati Uniti promuovessero attacchi militari in Messico.
Gli addetti ai lavori prevedono gravi perturbazioni economiche tra i due Paesi, la chiusura delle frontiere ed esplosioni di episodi violenti e disordini civili su entrambi i lati del confine.