Potrebbe essere una giornata storica per la Turchia: il leader curdo Abdullah Öcalan ha lanciato un appello affinché il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e altre milizie affiliate depongano ufficialmente le armi.
La dichiarazione di Öcalan, letta da una delegazione di esponenti del partito filo-curdo dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (DEM) in un hotel del centro di Istanbul, ha ripercorso le origini storiche del conflitto con Ankara e la necessità di una nuova fase politica improntata sul dialogo.
Secondo Öcalan, il PKK è nato in un contesto storico, quello del XX secolo, segnato da due guerre mondiali, dal collasso del socialismo reale, e dalle repressione delle identità etniche, tra cui quella curda. Ma oggi, ha affermato, l’organizzazione avrebbe perso la sua funzione storica e il suo scioglimento diventato “inevitabile”.
L’ex leader del PKK – che egli stesso contribuì a fondare insieme a quattro sodali nel 1978 – ha sottolineato come per oltre un millennio le relazioni tra curdi e turchi siano state fondate sulla convivenza e sull’alleanza contro potenze esterne, minate tuttavia dall’avvento della “modernità capitalista” e dall’imposizione di una “visione nazionalista unitaria”. Öcalan ha quindi fatto appello alla necessità di una riorganizzazione politica che tenga conto delle diversità culturali e favorisca una “democratizzazione” della società turca.
“Ogni nazione moderna si basa sul riconoscimento delle identità e sulla libertà di espressione. La chiusura delle strade politiche ha contribuito alla nascita e al rafforzamento del PKK, ma oggi il momento storico impone una svolta. L’unico percorso possibile è quello della democrazia e del dialogo” si legge nel documento.
Öcalan ha perciò invitato il partito a indire un congresso straordinario per deliberare ufficialmente il proprio scioglimento e la deposizione delle armi. “Ogni realtà politica che si rispetti deve scegliere di integrarsi nella società e nello Stato attraverso strumenti pacifici. Invito dunque il PKK a dichiarare la fine del conflitto armato“.
Il testo preparato da Öcalan è stato letto, prima in curdo e poi in turco, poche ore dopo che gli stessi delegati DEM avevano fatto visita all’ex leader indipendentista al carcere di İmralı, sul Mar di Marmara, dove è detenuto dal 1999.
La svolta arriva dopo mesi di trattative e incontri privati tra governo, parlamentari e membri di alto livello del movimento ribelle. Il presidente del Partito del Movimento Nazionalista (MHP), Devlet Bahçeli, aveva per primo sollevato il tema lo scorso 22 ottobre in Parlamento, dando il via a un processo culminato con l’appello di giovedì.
Sırrı Süreyya Önder, portavoce del DEM, ha espresso gratitudine nei confronti del presidente Recep Tayyip Erdoğan, di Devlet Bahçeli e del leader del centro-sinistra kemalista del CHP, Özgür Özel, per aver creato un clima favorevole al dialogo. “Ringraziamo chiunque abbia sostenuto questo percorso, dagli intellettuali agli accademici, dagli artisti ai semplici cittadini che hanno sempre sperato nella pace. È un nuovo inizio per la Turchia” ha dichiarato Önder.
Secondo fonti vicine ai negoziati, la decisione di Öcalan di rendere pubblico il suo messaggio sarebbe stata influenzata dalla nuova posizione dell’ultranazionalista MHP – che per decenni ha ostacolato ogni tentativo di riconciliazione tra Ankara e il movimento indipendentista.
All’inaugurazione dell’anno parlamentare l’ex Lupo Grigio Bahçeli aveva simbolicamente stretto la mano ai rappresentanti del movimento curdo. “Non è stato un gesto casuale. Ho teso la mano per trasmettere un messaggio di unità e fratellanza nazionale” aveva dichiarato Bahçeli, che si era detto fiducioso che la stabilità della Turchia sarebbe passata per un definitivo superamento della questione curda.
Si stima che, dal 1984, siano oltre 40.000 le vittime dirette e indirette del conflitto armato tra Turchia e i gruppi armati affiliati al PKK – la maggior parte delle quali tra militari, forze di polizia e civili turchi morti a causa di attentati. Il conflitto ha anche causato milioni di sfollati, in particolare nelle regioni sudorientali della Turchia, dove le violenze hanno distrutto intere comunità.
Dopo la carcerazione di Öcalan, le redini operative del gruppo sono passate dapprima a Murat Karayilan (che nel 2014 ha assunto l’incarico di comandante delle Forze di Difesa del Popolo, ossia l’ala militare del PKK) e dal 2013 a Cemil Bayik, anche se la guida spirituale e l’indirizzo politico sono rimasti prerogativa di Öcalan.