Martedì, l’amministrazione Trump ha comunicato che intende obbligare gli immigrati clandestini di età pari o superiore ai 14 anni a registrarsi ed a fornire le proprie impronte digitali al governo degli Stati Uniti. In caso contrario, questi ultimi andranno incontro a procedimenti penali.
L’iniziativa annunciata dal Department of Homeland Security è solo l’ultima in materia di immigrazione, in ordine di tempo, ad essere stata promossa dal governo federale, che sta tentando di convincere milioni di clandestini illegali a lasciare il Paese.
In un’intervista alla Fox News di martedì, la segretaria del DHS, Kristi Noem, ha affermato che il piano di registrazione dei migranti fa parte di uno sforzo che mira ad “utilizzare ogni singolo strumento a nostra disposizione per fare esattamente ciò che il presidente Trump ha promesso al popolo americano”.
“Il presidente Trump e la segretaria Noem hanno un messaggio chiaro per coloro che sono nel nostro paese illegalmente: andatevene ora”, ha invece aggiunto Tricia McLaughlin, portavoce del dipartimento, “potreste avere l’opportunità di tornare e godervi la nostra libertà e vivere il sogno americano”. Tuttavia, secondo gli addetti ai lavori, è alquanto improbabile che i clandestini si “consegnino” di loro spontanea volontà al governo, soprattutto a causa del pericolo di essere deportati.
Il nuovo piano, inoltre, si baserebbe su una legge sull’immigrazione già esistente. Poco prima che gli USA entrassero nella Seconda guerra mondiale, infatti, venne approvata una norma che richiedeva agli immigrati irregolari di registrarsi presso il governo attraverso gli uffici postali locali.
Ora, il DHS ha affermato che l’obbligo di registrazione non riguarderà coloro che hanno la green card, che sono già in procedura di espulsione o che sono entrati nel Paese con un visto.
“Stiamo assistendo a uno sforzo per espandere gli arresti con ogni mezzo possibile, quindi questa disposizione probabilmente mira a creare ulteriori giustificazioni per arrestare e deportare più individui dal paese”, ha affermato al New York Times Cris Ramón, un consulente senior di UnidosUS, un’organizzazione per i diritti civili, “Crea anche ulteriore confusione per le persone senza documenti, aumentando la paura che attanaglia loro e le loro famiglie da fine gennaio”.
Nel frattempo, nella giornata di ieri, il giudice federale Jamal Whitehead ha bloccato il tentativo del leader MAGA di sospendere a tempo indeterminato il programma di ammissione di richiedenti asilo negli Stati Uniti.
Il magistrato ha stabilito che l’autorità di un presidente nel sospendere questo tipo di piano non è illimitata, ma deve rispettare il quadro legislativo previsto dal Congresso.
L’improvvisa chiusura delle ammissioni voluta da Trump subito dopo il suo insediamento, aveva provocato la cancellazione di viaggi programmati e già approvati per i rifugiati di tutto il mondo, tra cui 1660 afghani. La decisione del giudice è arrivata in seguito ad una causa intentata da organizzazioni specializzate nell’assistenza e da alcuni individui colpiti dalle disposizioni del presidente.
Tra questi, vi era una famiglia congolese che aveva venduto tutti i suoi beni per potersi trasferire, legalmente, negli Stati Uniti.