Cedere parte del proprio sottosuolo o rischiare di perdere il sostegno militare statunitense.
Si preannuncia una settimana cruciale per il destino dell’Ucraina, che da lunedì inizierà le trattative con l’amministrazione Trump per un accordo che garantisca l’accesso degli Stati Uniti ai minerali strategici del Paese, come ha confermato Ruslan Stefanchuk, presidente della Verkhovna Rada, all’emittente giapponese NHK World.
Un team dedicato inizierà i lavori sulla proposta, ma Stefanchuk ha chiarito che Kyiv non accetterà nulla senza assicurazioni concrete sul fronte della sicurezza.
L’idea di cedere una parte delle risorse minerarie all’America era stata già formalizzata dal segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, nel suo incontro con il presidente Volodymyr Zelensky lo scorso 12 febbraio. Ma la questione si è presto trasformata in un punto di attrito.
Venerdì, Donald Trump ha dichiarato che un accordo tra Washington e Kyiv sarebbe ormai vicino: “Credo che siamo molto vicini. Loro lo vogliono, gli piace l’idea. È un accordo significativo, ma loro lo vogliono e ci tiene in quel paese, il che li rende molto felici”. Parole che contrastano nettamente con quelle di Zelensky, che solo pochi giorni prima aveva rispedito al mittente la richiesta americana con un secco “Non posso vendere l’Ucraina”.
Gli Stati Uniti avrebbero chiesto il 50% dei proventi generati dall’estrazione delle terre rare e delle risorse naturali ucraine, argomentando che sarà il risarcimento per l’assistenza militare fornita dall’amministrazione Biden dal 2022 al 2024. Kyiv, però, giudica eccessiva la richiesta: Washington ha stanziato “solo” circa 67 miliardi di dollari in aiuti militari e 31,5 miliardi in sostegno diretto al bilancio ucraino, ossia circa un quinto dai 500 miliardi di dollari in minerali pretesi dagli Stati Uniti.
“Non si può parlare di 500 miliardi e chiederci di restituire quella cifra in risorse minerarie. Non è una conversazione seria”, ha ribadito Zelensky.
Il rifiuto ucraino ha scatenato l’ira funesta di Trump. L’ex presidente ha accusato Zelensky di essere un “dittatore non eletto” che non rispetta i patti, nonostante formalmente non fosse stato firmato alcun accordo. Il leader ucraino, da parte sua, si è detto pronto a farsi spontaneamente da parte, ma solo in cambio di solide garanzie per il suo Paese.
“Se serve che lasci questa sedia, sono pronto a farlo e posso anche scambiare la mia posizione con l’adesione dell’Ucraina alla Nato”, ha detto Zelensky le sue parole durante il forum “Ukraine: Year 2025” a Kyiv. “Sarei felice di rinunciare alla presidenza se fosse per la pace dell’Ucraina”. L’amministrazione Zelensky ha promesso che le elezioni presidenziale – previste per il 2024 ma rimandate a causa della legge marziale dovuta alla guerra – si svolgeranno “immediatamente” dopo la fine della guerra, garantendo così il diritto di voto a soldati e rifugiati.
Nel frattempo, emergono indiscrezioni su pressioni indirette da parte americana. Fonti ucraine citate da Reuters riferiscono che i negoziatori statunitensi avrebbero minacciato di tagliare l’accesso dell’Ucraina a Starlink, il sistema satellitare di SpaceX, essenziale per le comunicazioni militari. La Casa Bianca avrebbe ventilato l’ipotesi di limitare l’uso della rete per spingere Kyiv a firmare – anche se Elon Musk, proprietario di SpaceX, ha seccamente smentito la notizia, definendola falsa.
Il nodo delle terre rare è strategico per Washington. Gli Stati Uniti puntano a diversificare le proprie forniture per ridurre la dipendenza dalla Cina, che attualmente domina il mercato globale di questi minerali essenziali per la tecnologia, dall’industria della difesa alle energie rinnovabili.
L’Ucraina possiede una delle più grandi riserve europee di titanio, fondamentale per il settore aerospaziale, e importanti giacimenti di litio, indispensabile per la produzione di batterie elettriche. C’è però da considerare che l’industria mineraria del Paese rimane sottosviluppata a causa della guerra e della mancanza di infrastrutture adeguate. Secondo un rapporto di We Build Ukraine, think tank con sede nella capitale ucraina, il 40% delle risorse minerarie ucraine si trova peraltro attualmente in territori occupati dalla Russia nell’est e nel sud del Paese aggredito.
La Commissione Europea ha già individuato l’Ucraina come potenziale fornitore di oltre 20 materie prime critiche per il mercato europeo, ma l’incertezza della guerra e le difficoltà logistiche rendono ancora incerta qualsiasi prospettiva di sfruttamento su larga scala.
Secondo Reuters, nei prossimi giorni Washington potrebbe proporre un’intesa preliminare semplificata, per poi negoziare i dettagli in un secondo momento. Axios ha riferito che un nuovo schema di accordo è già stato sottoposto a Kyiv, sebbene i contenuti precisi non siano ancora stati resi pubblici.
Resta da vedere se Zelensky accetterà di tornare al tavolo dei negoziati. “L’Ucraina deve riprendere il dialogo”, ha dichiarato Mike Waltz, consigliere per la sicurezza nazionale di Trump. La Casa Bianca, insomma, non intende mollare la presa.