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February 22, 2025
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Trump infiamma il popolo CPAC esaltato dalle sue storie non vere

Il presidente elenca i " successi" del primo mese con i quali vuole cambiare l'America

Massimo JausbyMassimo Jaus
Trump, dato 300 miliardi a Kiev, ho chiesto le terre rare

Donald Trump/ANSA

Time: 4 mins read

Il trionfo del vincitore. Alla riunione dei CPAC, il Conservative Political Action Committee che si è concluso al Gaylord National Resort & Convention Center in Maryland, un sobborgo di Washington, il presidente Donald Trump ha ricevuto gli osanna di tutta la destra mondiale.

“Stiamo liberando il Paese – ha dichiarato Trump. – Gli elettori ci hanno dato un mandato per cambiare le cose a Washington. Abbiamo vinto anche il voto popolare e questo perché siamo il partito del buon senso”. Il suo discorso ha mandato in delirio i partecipanti parlando della lotta “alla corruzione e agli sprechi di Washington che Elon Musk sta brillantemente conducendo” e rilanciando la storia più volte smentita delle migliaia di falsi centenari che beneficiano della Social Security. Una bugia raccontata da Musk e rinnegata dal nuovo capo dell’agenzia che si occupa delle pensioni, ma che resta ugualmente nel cuore e nella mente dei suoi sostenitori.

“Il suo esempio ci ha dato le munizioni per combattere una seconda guerra d’indipendenza” afferma radiante la parlamentare britannica ed ex PM Liz Truss, del partito Conservatore.

Oltre a tutti i leader repubblicani, sono intervenuti a questa riunione dei conservatori americani: il presidente dell’Argentina Javier Milei; il presidente polacco Andrzej Duda; il ministro per gli Affari della Diaspora e la Lotta all’Antisemitismo nel governo israeliano Amichai Chikli; il primo ministro della Slovacchia Robert Fico; il leader del partito spagnolo VOX Santiago Abascal. C’era anche il principe ereditario dell’Iran Reza Pahlavi, che vive in esilio dal 1979 e sostiene attivamente un Iran libero dal regime islamico. Per l’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta con un messaggio televisivo dopo il discorso di Tom Homan, lo zar dei confini dell’amministrazione Trump, e ha preceduto quello conclusivo di Elise Stefanik, l’ambasciatrice designata da Trump per le Nazioni Unite, che ha presentato il presidente.

“Qualcuno può vedere l’Europa come distante, lontana, persa, io vi dico che non è così”, ha detto Giorgia Meloni, nel suo atteso messaggio. “L’Europa e gli Stati Uniti devono lavorare insieme per costruire una pace giusta e duratura in Ucraina. I nostri avversari sperano che il presidente Trump si allontani da noi, ma io lo conosco, è forte ed efficace, dimostreremo che si sbagliano”.

Tra gli invitati al CPAC anche tre europarlamentari italiane – Susanna Ceccardi, Anna Cisint, Silvia Sardone – che fanno parte della delegazione dei Patriots for Europe e che hanno incontrato i senatori Ted Cruz del Texas e Rick Scott della Florida, la personalità dei media di destra Megyn Kelly e il fondatore di MyPillow Mike Lindell.

Una resurrezione e una radicale trasformazione, questa di Trump, dopo che alla riunione di due anni fa del CPAC aveva giurato ai fedelissimi che lo osannavano che li avrebbe vendicati. Non molti americani diedero peso alle sue parole. Le immagini dell’assalto al Congresso, dei suoi sostenitori che malmenavano gli agenti, le sue false accuse delle elezioni vinte da Biden con i brogli, le sue minacce, i suoi giuramenti di vendetta, erano stati accantonati dalla maggior parte degli elettori come i farneticanti rantoli di uno sconfitto. Alla riunione del CPAC 2023, nel discorso finale, l’allora ex presidente lanciò il suo incitamento alla battaglia: “Sono il vostro guerriero. Sono il vostro giustiziere. E mi vendicherò su quelli che mi hanno fatto dei torti, che mi hanno tradito, che mi hanno perseguito”. Un urlo di guerra in una riunione dominata dai MAGA con le Bibbie firmate Trump, dai cappellini rossi e dalle T-shirt con le sue immagini sul davanti e Gesù sulla schiena, che girovagavano nei saloni semivuoti che dipingeva il mesto tramonto di un politico finito carico di rancore.

Ma non è stato così! “Il CPAC è sempre stato la stella polare ideologica per il movimento popolare conservatore”, ha affermato Tara Setmayer, ex direttrice delle comunicazioni a Capitol Hill e commentatrice politica sia alla CNN che alla ABC News.

La storia del CPAC rispecchia quella del partito repubblicano. È iniziata nel 1974 nel pieno dello scandalo Watergate e della nascita di un nuovo movimento conservatore fondato da Matt Schlapp, ex direttore degli affari politici nella Casa Bianca di George W. Bush. Voleva un partito repubblicano più populista, non solo conservatore.

Minimizzato durante le presidenze di Bush padre e figlio che rappresentavano proprio quella élite repubblicana che Schlapp voleva superare, emarginato durante la presidenza di Bill Clinton, il CPAC ha ripreso vigore durante la presidenza di Barack Obama, coagulando tutti i movimenti dell’estrema destra contro un presidente nero. Tra gli oratori del 2011 c’era un costruttore democratico che aveva un seguitissimo reality show televisivo di nome Donald Trump, che accusava la Cina di “derubare” gli Stati Uniti e Obama di essere un presidente “illegale” perché era nato in Kenya. Affermazioni smentite dal certificato di nascita, ma che Trump ha sempre continuato a sostenere, proprio per scavare la sua nicchia tra gli odiatori d’America.

Nel 2016, il CPAC invitò quasi tutti i principali candidati repubblicani alla presidenza, ma Trump all’ultimo minuto non prese parte alla riunione; aveva timore di essere fischiato dai partecipanti.

Matt Schlapp, dopo la debacle di Trump nel 2020, vide in lui il perfetto personaggio messianico, capace di raccogliere i consensi per “salvare” l’America, erigendolo a paladino della lotta all’immigrazione illegale e alla controcultura del DEI e del Woke. Un fuoco, quello appiccato da Schlapp, che infiammò l’America razzista che lo scelse come il leader in grado di “salvare” il Paese.

I repubblicani non hanno capito che la trasformazione di Trump avrebbe distrutto l’ideologia del partito trasformandolo da quello in cui vale la ferrea norma che legge e ordine sono alla base della democrazia (e la dimostrazione è stata con Richard Nixon) a quello del caos dove la legge è “manipolata” dai nemici politici, che sfruttando abilmente le sue disavventure giudiziarie per convincere il Paese che non è un truffatore condannato che ingigantiva il valore delle sue proprietà immobiliari, sostenendo di essere una vittima del sistema giudiziario corrotto dai democratici. Poi, per prendere consensi ha lanciato la lotta alla diversità culturale e sociale, accusando quanti non lo seguono di essere un “nemico” all’interno della nazione. Il presidente ha utilizzato il CPAC per attaccare le figure istituzionali come “mostri, neocon, globalisti, fanatici delle frontiere aperte e sciocchi”. Ha cacciato via dal partito i repubblicani che non lo temevano – Liz Cheney, Mitch McConnell e Mike Pence – e preso personaggi improbabili e miliardari, che in altre amministrazioni i “vecchi” repubblicani si sarebbero ben guardati dal confermarli in ruoli guida del Paese.

Ha detto tra gli appalusi dei partecipanti che “MSNBC è una minaccia alla democrazia. CNN è patetica” perché diffondono le bugie dei democratici. Ha detto che Joe Biden è “il peggiore presidente della storia e io ora sta sistemando quello che mi ha lasciato”, chiamando l’ex presidente corrotto e addormentato.

È sicuramente lui il vincitore di questa trasformazione politica che l’America ha eseguito. Tutto da vedere se questo successo porterà anche il Paese ad avere una migliore qualità della vita.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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