Donald Trump fu “reclutato” dal KGB.
A lanciare l’indiscrezione-bomba è l’ex capo dell’intelligence kazaka Alnur Mussayev, che su Facebook ha rivelato che nel 1987 l’attuale presidente degli Stati Uniti – allora personaggio di spicco nel settore immobiliare newyorkese – venne assoldato dagli 007 sovietici sotto il nome in codice di “Krasnov”.
“Nel 1987, quando avevo 40 anni, mi occupavo del reclutamento di persone come Trump“, ha scritto Mussayev, aggiungendo che nel mondo dell’intelligence “tutto è possibile, anche le cose più selvagge e incredibili. Per esempio, l’assunzione di futuri capi di Stato, persino del presidente degli Stati Uniti”.
Mussayev sostiene, senza fornire prove, di esserne a conoscenza in quanto ex operativo della Sesta Direzione del KGB, il cui obiettivo sarebbe stato proprio quello di infiltrare l’élite economica dei Paesi capitalisti sfruttando l’apertura dell’URSS all’economia di mercato post-perestrojka.
In quel periodo, Trump stava effettivamente cercando di espandere i suoi interessi immobiliari in Europa e in Russia (e almeno in un’occasione incontrò Gorbaciov), il che potrebbe aver attirato proprio l’attenzione dei servizi segreti sovietici.
Già nel 2018, il funzionario kazako – a capo dell’intelligence estera di Astana dal 1997 al 1998 e nuovamente dal 1999 al 2001, prima di entrare in rotta di collisione con il presidente Nazarbayev e fuggire a Vienna – aveva parlato apertamente di come Trump fosse, a suo avviso, altamente vulnerabile all’influenza russa.
“Trump è sotto il controllo dei servizi segreti russi e affonda sempre di più nella loro trappola“, si legge in un altro post. “Non c’è dubbio che la Russia possieda dossier compromettenti su di lui“. Circostanza che, sempre secondo Mussayev, sarebbe ben nota all’intelligence statunitense, la quale tuttavia “non ne può parlare apertamente“.
I legami tra Trump e Mosca sono già stati al vaglio degli inquirenti del cosiddetto Russiagate, la maxi-inchiesta coordinata dal superprocuratore Robert Mueller che ha tentato di far luce sulle presunte ingerenza del Cremlino per favorire il repubblicano alle elezioni del 2016 contro Hillary Clinton. Dopo sei mesi di indagini vennero incriminate più di 30 persone, tra cui cinque persone vicine di Trump, 26 individui russi, e tre società legate al Cremlino.
La liaison con Mosca è tornata alla ribalta dopo che il neo-presidente, tornato nel frattempo alla Casa Bianca, ha stravolto la politica estera della precedente amministrazione democratica tentando un clamoroso rapprochement con Mosca alle spalle di Kyiv e degli alleati europei.
Trump si è spinto fino a definire il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “un dittatore non eletto” – ricalcando quasi pedissequamente la retorica del Cremlino sul leader rivale.
Svolta che però ha fatto storcere più di qualche naso anche tra gli ambienti più filo-trumpiani. Tra questi il New York Post, un tempo definito da Trump come il suo “quotidiano preferito”.
Venerdì sulla prima pagina del giornale conservatore è apparso un profilo di Putin e un titolo a caratteri cubitali “QUESTO È UN DITTATORE“. Nelle pagine interne, il giornalista britannico Douglas Murray ha quindi fatto un elenco di dieci “verità” sulla guerra e l’Ucraina.
Di seguito un riassunto:
- Putin è l’unico responsabile della guerra: Contrariamente a quanto affermato da Trump, è stato Putin a invadere l’Ucraina nel 2022, cercando di annetterne territori e minarne la sovranità.
- La Russia combatte per la conquista, l’Ucraina per la libertà: La Russia sta cercando di dominare un Paese sovrano e indipendente. L’Ucraina, invece, combatte per la propria sopravvivenza, per evitare di essere cancellata dalla mappa del mondo.
- Gli ucraini non sono russi: Ucraini e russi sono divisi da differenze linguistiche, culturali e storiche che non possono essere ignorate.
- Zelensky non è un dittatore: L’Ucraina è una democrazia, e Zelensky è stato eletto democraticamente nel 2019 con un ampio consenso. La sua popolarità oscillerebbe intorno al 57%, ben superiore a quella di Trump (44%).
- Putin è il vero dittatore: Putin, al potere da oltre 20 anni, ha plasmato un sistema autoritario che ha eliminato ogni opposizione, imprigionato dissidenti e limitato la libertà di stampa. La sua leadership si fonda su una continua repressione interna e su un’ideologia espansionista all’estero.
- L’Ucraina combatte per la libertà: La guerra in Ucraina non è una guerra di aggressione, ma una lotta di difesa per preservare la libertà e la sovranità.
- Gli aiuti americani sono cruciali: Il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina è essenziale per mantenere l’equilibrio globale e proteggere le democrazie occidentali da una crescente minaccia russa.
- La Russia non è amica degli Stati Uniti: Le alleanze della Russia con potenze rivali di Washington come Cina e Iran pongono una seria minaccia alla sicurezza mondiale, ragion per cui non può essere considerata una “partner” strategica.
- Putin non è degno di fiducia: La Russia ha violato sistematicamente trattati internazionali, ha usato il suo potere nucleare come leva politica e ha cercato di destabilizzare le democrazie occidentali.
- La resistenza ucraina è fondamentale per la sicurezza dell’Occidente: Ogni passo indietro da parte dell’Ucraina sarebbe una vittoria per la Russia e per tutti i regimi autoritari, con gravi implicazioni per la sicurezza globale.