“Promessa mantenuta”, così la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha annunciato su X il decreto firmato ieri da Donald Trump che amplia l’accesso alla fecondazione in vitro (IVF) e riduce i costi a carico delle famiglie.
L’iniziativa punta a favorire i trattamenti per l’infertilità, tema che Trump aveva promesso in campagna elettorale. La misura è priva di dettagli operativi, ma ha ricevuto apprezzamento da senatori repubblicani come Katie Britt, che l’ha definita “pro-famiglia”.
Invece diversi esponenti del movimento anti-aborto non l’hanno presa bene: in larga parte si oppongono alla fecondazione artificiale perché può portare alla creazione di embrioni inutilizzati. Kristan Hawkins, presidente di Students for Life of America, ha definito la notizia “tragica” su Twitter paragonando l’IVF all’eugenetica. “La fecondazione in vitro trasforma i bambini in un prodotto da creare, vendere e scartare, violando i loro diritti umani fondamentali”, ha scritto Lila Rose, leader del gruppo anti-aborto Live Action.
L’ordine di Trump incarica il Consiglio di Politica Interna di formulare raccomandazioni per ridurre radicalmente i costi dell’accesso alla fecondazione in vitro, secondo una scheda informativa della Casa Bianca. Si legge: “Gli americani hanno bisogno di un accesso affidabile alla fecondazione artificiale e di opzioni più accessibili, poiché il costo per ciclo può variare dai 12.000 ai 25.000 dollari. È politica della mia Amministrazione garantire un accesso affidabile al trattamento IVF, anche alleggerendo gli oneri normativi o legislativi inutili per renderlo drasticamente più accessibile”.
Durante le elezioni presidenziali del 2024, Trump aveva ridefinito la sua posizione sull’IVF dichiarandosi un forte sostenitore della procedura, anzi autoproclamandosi il “padre della fecondazione in vitro”, e spiegando di aver scoperto da poco in cosa consistesse realmente. I Ddmocratici lo avevano accusato di aver ammorbidito la sua posizione solo dopo aver capito che l’elettorato era in larga parte favorevole.