L’ex presidente del Brasile, il populista Jair Bolsonaro, è stato incriminato con l’accusa di essere il mandante di un complotto dell’estrema destra per rimanere al potere attraverso un colpo di stato militare. Il complotto avrebbe previsto anche un piano per seminare il caos assassinando alte autorità, tra cui il presidente di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva Lula e il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes
Il procuratore generale del paese sudamericano, Paulo Gonet, ha presentato le accuse nella notte di martedì, scrivendo che Bolsonaro e sei collaboratori guidavano un’organizzazione criminale mirata al “potere autoritario”.
Le incriminazioni giungono tre mesi dopo un clamoroso rapporto della polizia federale brasiliana che in 884 pagine accusava Bolsonaro, presidente dal 2019 al 2022, di aver avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione di un complotto per impedire a Lula, il leader della sinistra vincitore delle presidenziali del 2022, di prendere il potere. Il piano avrebbe avuto il sinistro nome di “Pugnale Verde e Giallo” e mirava fra l’altro appunto ad avvelenare Lula da Silva e uccidere a colpi di arma da fuoco Alexandre de Moraes, nemico dell’ex presidente.
“Il piano è stato concepito e portato all’attenzione del presidente della Repubblica [Bolsonaro], che lo ha approvato”, si legge nell’accusa del procuratore generale. “[Il complotto] prevedeva l’uso di armi contro il ministro Alexandre de Moraes e l’uccisione di Luiz Inácio Lula da Silva con il veleno”.
Il caso sarà ora esaminato dalla Corte Suprema, i cui giudici, già nella prima metà di quest’anno, decideranno il destino di Bolsonaro e dei suoi presunti complici. Secondo gli esperti, Bolsonaro potrebbe rischiare tra i 38 e i 43 anni di carcere se condannato. È accusato di reati tra cui tentato colpo di stato, associazione criminale armata e l’abolizione violenta dello stato di diritto. Bolsonaro ha ripetutamente negato tutto e martedì ha dichiarato ai giornalisti di non essere “affatto preoccupato per queste accuse”.
Bolsonaro nel 2022 aveva perso le elezioni contro Lula ma rifiutò di accettare la sconfitta e, l’8 gennaio 2023, i suoi sostenitori più radicali hanno scatenato il caos nella capitale Brasília, devastando il palazzo presidenziale, il congresso e la corte suprema nel tentativo di rovesciare il risultato elettorale.
L’ufficio del procuratore generale ha accusato altre 33 persone di essere coinvolte nel presunto complotto, tra cui l’ex capo dell’intelligence di Bolsonaro, il deputato di estrema destra Alexandre Ramagem; gli ex ministri della Difesa, il generale Walter Braga Netto e il generale Paulo Sérgio Nogueira de Oliveira; l’ex ministro della Giustizia e della Sicurezza Pubblica, Anderson Torres; l’ex ministro della Sicurezza Istituzionale, il generale Augusto Heleno; e l’ex comandante della marina, l’ammiraglio Almir Garnier Santos.
Lo storico Carlos Fico, docente all’Università Federale di Rio de Janeiro, uno dei massimi esperti sulla dittatura che prese il potere dopo il colpo di stato militare del 1964 in Brasile, ha sottolineato che l’aspetto più significativo delle accuse non è tanto l’incriminazione di Bolsonaro – noto ammiratore della dittatura militare e della tortura – ma quella dei generali. “L’incriminazione di generali attraverso un processo giudiziario guidato dalla polizia federale, con il sostegno del procuratore generale del paese e destinato a essere giudicato dalla Corte Suprema, è senza precedenti nella storia del Brasile”. professore di storia all’Università Federale di Rio de Janeiro.
La notizia dell’incriminazione ha suscitato grande soddisfazione fra i politici di sinistra che avversano Bolsonaro per la sua gestione anti-scientifica della pandemia di Covid, la sua ostilità verso le minoranze, le comunità indigene e l’ambiente, e i suoi incessanti attacchi al sistema democratico brasiliano. Per Gleisi Hoffmann, presidente del Partito dei Lavoratori di Lula, si tratta di “un passo cruciale nella difesa della democrazia e dello stato di diritto”.<