Per tutta la vita aveva rifiutato di definirsi una vittima. Anne Marie Hochhalter, una delle sopravvissute alla sparatoria della Columbine High School, è morta a 43 anni nella sua casa in Colorado. I sanitari hanno confermato che il decesso è avvenuto a causa delle complicazioni mediche legate alla sua paraplegia, una condizione che l’aveva accompagnata sin dal giorno in cui, a soli 17 anni, era stata colpita dai proiettili esplosi nel cortile dell’istituto.
Era Il 20 aprile 1999, quando la sconvolgente notizia del massacro raggiunse gli americani e il mondo intero. Due studenti armati seminarono il terrore nei corridoi e nelle aule dell’ateneo, uccidendo 12 coetanei e un insegnante prima di togliersi la vita. La giovane che in quei frangenti si trovava all’esterno, seduta in una pausa ricreativa con alcuni amici, venne raggiunta dai colpi alla schiena. Riuscì miracolosamente a sopravvivere, ma le ferite inferte la lasciarono paralizzata nella parte inferiore del corpo. A pochi mesi dalla tragedia, la madre incapace di reggere il peso di quanto accaduto decise di suicidarsi.
Nonostante i gravi accadimenti che segnarono la sua giovane esistenza la donna scelse di non lasciarsi sopraffare dal destino. Nel corso degli anni, si era trasformata in un simbolo di resistenza e determinazione, divenendo una voce autorevole nella lotta contro la violenza armata. Raccontava la sua storia con lucidità, senza autocommiserazione, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di un cambiamento.
La storia di Hochhalter si intreccia con un fenomeno che negli Stati Uniti non accenna a fermarsi. Nel 2024, sono state registrate oltre 200 sparatorie nelle scuole, il numero più alto dal 2013. Dal massacro di Columbine a oggi, migliaia di studenti e insegnanti hanno perso la vita o sono rimasti segnati per sempre in scontri a fuoco, mentre il dibattito sulle armi si trascina senza soluzioni concrete.