La guerra in Ucraina deve finire “il prima possibile” con una “pace duratura e accettabile” da tutte le parti. Questa la conclusione cui sono arrivate le delegazioni di alto livello di Stati Uniti e Russia incontratesi martedì a Riad, capeggiate dai rispettivi ministri degli Esteri Marco Rubio e Sergej Lavrov. L’americano ha poi provveduto a chiamare le controparti francese, inglese, italiano e tedesco rassicurando che l’Unione Europea parteciperà ai prossimi colloqui, ha riferito in una nota la Farnesina.
In un’intervista rilasciata all’Associated Press al termine dei colloqui (durati più di 4 ore), Rubio ha dichiarato che le due parti hanno concordato in linea di massima tre priorità: ripristinare il personale delle rispettive ambasciate a Washington e Mosca, formare delegazioni di alto livello per avviare i colloqui di pace in Ucraina, nonché proseguire nella direzione di una normalizzazione economico-diplomatica dei rapporti tra Mosca e Washington.
“Se questo conflitto dovesse concludersi in una maniera soddisfacente – ha dichiarato Rubio –, avremmo la straordinaria opportunità di collaborare con i russi dal punto di vista geopolitico su questioni di interesse comune e, francamente, dal punto di vista economico su questioni che, si spera, saranno positive per il mondo e miglioreranno anche le nostre relazioni a lungo termine.”.
Lavrov ha spiegato in conferenza stampa di aver trovato la conversazione con le controparti statunitensi “molto utile”. “Ci siamo ascoltati e ho motivo di credere che la parte americana abbia compreso meglio la nostra posizione”, ha spiegato il ministro degli Esteri. Ha poi fatto allusione alla possibile fine delle sanzioni americane contro la Russia. “C’è stato un grande interesse, che condividiamo, nel riprendere le consultazioni sulle questioni geopolitiche, compresi i vari conflitti in varie parti del mondo, in cui sia gli Stati Uniti che la Russia hanno interessi. E c’è stato un grande interesse nel rimuovere le barriere artificiali allo sviluppo di una cooperazione economica reciprocamente vantaggiosa.
Il capo della diplomazia russa ha poi definito “inaccettabile” l’ipotesi di dispiegamento in Ucraina di truppe di Paesi membri della NATO “anche sotto un’altra bandiera”.
Anche il negoziatore russo Yuri Ushakov, ex ambasciatore russo a Washington e dal 2012 capo-consulente di Putin in materia di politica estera, ha definito la conversazione “molto seria su tutte le questioni che volevamo toccare”.
Le trattative tra la delegazione americana e quella russa, riferisce l’agenzia russa RIA Novosti, si sono svolte in uno dei palazzi della famiglia reale saudita, Diriyah, nel complesso di Albasatin. Presenti all’incontro, come da foto di rito, il segretario di Stato Rubio, l’inviato di Donald Trump per il Medio Oriente Steve Witkoff, il consigliere per la sicurezza nazionale USA Mike Waltz, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, il consigliere per la politica estera di Vladimir Putin, Yuri Ushakov, ma anche il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan al-Saud, e il consigliere per la sicurezza nazionale saudita, Mosaad bin Mohammad al-Aiban.
Non è un caso che l’incontro con la Russia si tenga in Arabia Saudita, perché la sorte dell’Ucraina e quella della Palestina sembrano entrambe nella mente di Trump faccende di fastidiosi attaccabrighe da sbrigare al più presto spalleggiando il più forte dei contendenti e con il massimo possibile vantaggio economico per gli Stati Uniti.
Riuniti d’urgenza ieri a Parigi per decidere che fare, gli europei sono stati rassicurati da Rubio. In un post X, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riferito che il segretario di Stato USA ha chiamato “i partner Quint e l’Alto Rappresentante UE, Kaja Kallas” e ha ribadito che per l’Italia “l’obiettivo è il raggiungimento di una pace equa e giusta, che permetta la ricostruzione dell’Ucraina e ne garantisca il futuro”.
I Paesi dell’Ue, da parte loro, non hanno trovato una posizione comune. Almeno, non abbastanza da emettere un comunicato congiunto. Tutti dicono che l’Ucraina “non sarà abbandonata”, ma ci sono evidenti spaccature soprattutto sul tema dell’invio soldati a sorvegliare un eventuale accordo di pace in territorio ucraino – e su quello dell’aumento delle spese per la difesa.
All’uscita dall’Eliseo, dopo la riunione d’emergenza di lunedì sera, hanno parlato alla stampa solo il cancelliere tedesco Olaf Scholz (che è in campagna elettorale: si vota domenica prossima in Germania) e la finlandese Mette Frederiksen. Gli altri hanno affidato ai social le loro reazioni. “Nessun diktat può essere imposto all’Ucraina” ha detto Scholz. “Siamo lieti che si parli di un accordo di pace, ma per noi è chiaro che questo non può essere un diktat”, all’Ucraina va consentito di difendersi, di continuare il cammino per l’ingresso nell’Unione Europea e di avere un esercito forte. Queste, ha detto, sono “condizioni non negoziabili” (con chi, però?). Scholz è anche tornato sull’idea di riformare le regole del patto di stabilità dell’UE, suggerendo che qualsiasi spesa superiore al 2% del PIL per la difesa (si parla di arrivare fino al 5%) dovrebbe essere conteggiata a parte.
Il cancelliere tedesco inoltre ha ribadito che ogni discussione sull’idea di dispiegare truppe europee in Ucraina come parte di una forza di pace è prematura, anzi “altamente inappropriata” perché anticipa i colloqui di pace. Comunque, “non ci possono essere fratture tra Europa e Stati Uniti sulla sicurezza”, e ha sottolineato l’importanza dell’alleanza Nato.

“L’Ucraina merita una pace ottenuta grazie alla forza”, ha scritto la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, invocando un “aumento della difesa in Europa”. E ha diffuso la foto simbolo dell’incontro: undici leader che discutono intorno a un tavolo. Troppi per funzionare? La ‘riunione informale’ di Parigi convocata dal francese Macron ha cristallizzato, invece che appianato, le differenze.
Prevedibilmente contraria a infastidire la Casa Bianca è stata la premier italiana Giorgia Meloni, secondo cui inviare truppe in Ucraina sarebbe una “soluzione inefficace”, e comunque le discussioni di Parigi non vanno interpretate come un “fronte anti-Trump”.
Partecipava un gruppo eterogeneo, quelli che Macron ha ritenuto importanti, né solo Ue (c’era anche il britannico Keir Starmer) né tutti gli Stati Ue (solo i membri più popolosi e forti o geograficamente vicini all’Ucraina, per quanto non ci fossero i tre paesi baltici). I capi di Stato e di governo di Germania, Regno Unito, Polonia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca, Italia, il segretario generale della Nato Mark Rutte, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

In basso da sinistra verso destra: Pedro Sanchez (Spagna), Olaf Scholz (Germania), Donald Tusk (Polonia), Keir Starmer (Gran Bretagna), Mette Frederiksen (Danimarca), Dick Schoof (Paesi Bassi).
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Dall’altra parte, a Riad si sono visti si vedono i rappresentanti di un presidente più che spregiudicato e aggressivo nelle sue strategie, e di un dittatore senza scrupoli.


Il 24 febbraio, fra pochi giorni, l’invasione russa dell’Ucraina segnerà il suo terzo anniversario. Tre anni di guerra durissima. Il segretario di Stato Marco Rubio era accompagnato a Riad dal consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e dalll’inviato speciale di Donald Trump per il Medio Oriente, l’investitore Steve Witkoff, l’uomo chiave, quello che ha la fiducia di Trump e l’incarico di portare avanti le trattative in suo nome. Parlando al programma Sunday Morning Futures di Fox News il miliardario avvocato immobiliarista non aveva risposto direttamente alla domanda se l’Ucraina dovrà cedere una “porzione significativa” del suo territorio. “Questi sono dettagli, e non li ignoro, sono importanti. Ma credo che l’inizio sia la costruzione della fiducia. Si tratta di far capire a tutti che questa guerra non deve continuare, che deve finire. Questo è ciò che il Presidente ci ha ordinato di fare”, ha detto Witkoff.
Ripercorriamo gli ultimi giorni convulsi e quello che hanno dimostrato della considerazione in cui adesso Washington tiene l’Europa – a parte cercare di costringerla a farsi carico del finanziamento della Nato. Il 12 febbraio, la telefonata fra Trump e il presidente russo Putin, un’ora e mezza che ha interrotto la politica di isolamento verso il Cremlino. Nel weekend scorso, la conferenza di Monaco sulla sicurezza che ha visto il vicepresidente Usa JD Vance tenere un discorso virulento che ha attaccato l’UE; poi incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (da cui ha cercato anche di ottenere accesso per i giacimenti di minerali rari in Ucraina), e poi la leader dell’estrema destra tedesca, Alice Weidel – quell’AfD che secondo il super consigliere Elon Musk è “l’unica speranza per la Germania”, anche se il suo partito a tinte neonazi è considerato irricevibile dagli altri partiti tedeschi.
Dal Cremlino lunedì il ministro degli Esteri di Mosca Sergei Lavrov aveva detto che la Russia non intende lasciare nessuno dei territori occupati in Ucraina: “Nei negoziati per l’accordo non si può nemmeno pensare di cedere alcuni territori. Dovremmo cederli con la gente? Con la popolazione russa o senza nessuno? Solo con i metalli rari?”, ha detto. Quanto all’Europa, Lavrov ha affermato che “se hanno intenzione di snocciolare idee subdole sul ‘congelamento del conflitto’… allora perché invitarli lì?”.