Gli Stati Uniti e il Regno Unito non hanno firmato la dichiarazione congiunta sull’uso “etico” dell’intelligenza artificiale (IA) approvato martedì nel corso di un summit internazionale sull’argomento a Parigi.
Il documento, sottoscritto da altri 58 Paesi tra cui Francia, Italia, Cina e India, punta a garantire uno sviluppo dell’IA “aperto”, “inclusivo” ed “etico”. Intesa che però l’esecutivo laburista di Downing Street non ha trovato soddisfacente: “Non siamo riusciti a concordare tutti i punti della dichiarazione dei leader”, ha fatto sapere il Governo britannico, che aderirà solo a iniziative “che siano nel suo interesse nazionale”.
A Parigi, la posizione statunitense è stata invece difesa dal vicepresidente JD Vance, che ha messo in guardia contro un eccesso di regolamentazione nel settore: “Rischiamo di strangolare un’industria trasformativa proprio nel momento in cui sta decollando”, ha dichiarato il secondo di Trump.
Vance ha sottolineato che l’IA rappresenta un’opportunità che l’amministrazione non intende sprecare, e perciò l’approccio statunitense è ancorato a “politiche pro-crescita”, dando priorità allo sviluppo piuttosto che alle restrizioni. “L’innovazione va incentivata, non soffocata”, ha sottolineato, invitando gli europei ad affrontare il progresso tecnologico “con ottimismo, anziché con timore” e scagliandosi contro le “massicce regolamentazioni” create dal Digital Services Act dell’UE e le norme europee sulla privacy online (GDPR).
Vance non ha mancato di lanciare un monito sugli interessi di Pechino nel settore: “Abbiamo già visto prodotti a basso costo, sovvenzionati e diffusi su scala globale da regimi autoritari. Accettarli significa legare il proprio destino a un padrone che mira a infiltrarsi e prendere il controllo delle infrastrutture digitali”. Un riferimento alla startup cinese DeepSeek, che circa un mese fa ha rilasciato un modello di IA generativa gratuita e super-potente – ma soprattutto sviluppata con costi sensibilmente inferiori rispetto a ChatGPT – che ha suscitato un’ondata di panico tra le aziende americane. Recentemente l’app cinese è peraltro finita nel mirino di diversi Paesi occidentali, che ne hanno vietato l’uso sui dispositivi governativi per timori legati a privacy e sicurezza.
Dichiarazioni, quelle di Vance, che cozzano con la visione del presidente francese Emmanuel Macron, che ha difeso la necessità di norme più stringenti: “Abbiamo bisogno di regole per garantire che l’IA possa evolversi in modo sicuro e trasparente”, ha affermato. La Commissione Europea, rappresentata dalla presidente Ursula von der Leyen, ha ribadito la volontà di combinare innovazione e sicurezza per promuovere un modello che punti sulla collaborazione e sulla condivisione della tecnologia open source.
Al summit hanno partecipato politici, diplomatici e manager di grandi aziende tecnologiche, impegnati a trovare un equilibrio tra le opportunità economiche offerte dall’IA e i rischi connessi al suo utilizzo. Tra i temi discussi anche l’impatto ambientale: per la prima volta nella capitale transalpina si è ad esempio affrontata la questione del consumo energetico dei sistemi di IA, che secondo alcuni esperti potrebbe presto raggiungere livelli paragonabili a quelli di interi Stati.
A far discutere è però anche – e forse soprattutto – la posizione del primo ministro britannico Keir Starmer. Nel novembre 2023, infatti, il Regno Unito aveva ospitato il primo vertice mondiale sulla sicurezza dell’IA sotto la guida del premier conservatore Rishi Sunak. E così il rifiuto di firmare il documento di Parigi rischia di compromettere la credibilità britannica sul tema. E a poco sono valse le precisazioni di un portavoce di Starmer, che ha specificato che le discussioni sono ancora in corso e il Regno Unito “continuerà a lavorare a stretto contatto con la Francia e con altri partner”.
L’Unione Europea invece prosegue sulla sua strada. Il Parlamento europeo ha già approvato l’AI Act, il primo quadro normativo completo per l’intelligenza artificiale che entrerà pienamente in vigore a partire dall’agosto 2026. Ma anche nel Vecchio Continente pare crescere la consapevolezza della necessità di sostenere le imprese del settore, evitando di penalizzarle con eccessivi vincoli burocratici. Macron ha promesso di ridurre la “zavorra” amministrativa, mentre von der Leyen ha annunciato “investAI”, che mira a raccogliere investimenti da 200 miliardi di euro nella ricerca sull’IA, oltre a un nuovo fondo europeo di 20 miliardi di euro per le gigafabbriche di intelligenza artificiale.
“Troppo spesso sento dire che l’Europa è in ritardo nella corsa, mentre gli Stati Uniti e la Cina sono già in vantaggio – ha detto la presidente della Commissione -. Non sono d’accordo. La corsa all’IA è tutt’altro che finita. La verità è che siamo solo all’inizio”.