C’è molta preoccupazione fra le comunità religiose americane. Oltre due dozzine di gruppi cristiani ed ebrei, che rappresentano milioni di americani, hanno presentato una causa federale contro la politica dell’amministrazione Trump che consente agli agenti dell’immigrazione di effettuare arresti nei luoghi di culto senza pre-approvazione. I querelanti, tra cui la Chiesa episcopale, l’Unione per l’Ebraismo Riformato e la Chiesa dei Fratelli, sostengono che la disposizione instilli paura tra i migranti, riducendo la partecipazione ai servizi religiosi e minando la libertà di culto.
Mons. Sean Rowe, vescovo della Chiesa episcopale, ha dichiarato che non si può pregare liberamente quando alcuni membri della comunità vivono nella paura. La causa mira a garantire la libertà di riunirsi e praticare la fede, un diritto fondamentale che potrebbe essere minacciato dalla crescente insicurezza dei migranti, soprattutto quelli privi di documenti. I querelanti affermano che le attività religiose, come i programmi di assistenza a rifugiati e senzatetto, potrebbero essere compromesse.
La politica contestata, introdotta a gennaio, conferisce infatti agli agenti più discrezionalità per eseguire arresti nei luoghi di fede, senza necessità di autorizzazione preventiva. Il Dipartimento di Giustizia, nel rispondere alla causa, ha sottolineato che tale applicazione è in vigore da decenni, ma gli accusatori sostengono che l’approccio attuale minacci le comunità religiose e crei un clima di paura.
Kelsi Corkran, avvocato che rappresenta la parte lesa, ha evidenziato come l’amministrazione Trump ora abbia il potere di compiere arresti in qualsiasi momento e luogo. I gruppi religiosi, tra cui sinagoghe, chiese e moschee, hanno osservato come la partecipazione ai servizi stia diminuendo, con molte congregazioni che si spostano verso il servizio online per proteggere i membri vulnerabili.
Anche se la Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti non si è unita alla causa, ha espresso critiche contro le recenti norme imposte dal magnate. Alcuni esperti legali e leader conservatori, tuttavia, ritengono che i luoghi di culto non dovrebbero fungere da rifugi per attività illegali, sottolineano che nessuno è immune dalle leggi, nemmeno all’interno di abbazie e sinagoghe.
La causa continua a svilupparsi e potrebbe avere ripercussioni significative sul trattamento dei migranti negli Stati Uniti, con un vasto numero di leader religiosi e giuristi pronti a combattere per la protezione della libertà religiosa e dei diritti dei più vulnerabili.