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February 4, 2025
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Niente dazi (per ora) a Canada e Messico. Perché ora Trump vuole rilanciare l’USMCA

Il presidente usa il caos per ottenere concessioni politiche e prepararsi alla rinegoziazione dell’accordo commerciale

Massimo JausbyMassimo Jaus
Trump / Ansa

Trump / Ansa

Time: 4 mins read

La voce grossa e il volto torvo fanno da preludio alle minacce sui dazi. Poi… non succede nulla. Due telefonate in extremis, tanto per mantenere alto il pathos (come succedeva quando conduceva “The Apprentice” in tv), le intimidazioni rientrano e le trattative proseguono. Un “calcio” solo alla Cina, tanto per contentare i suoi sostenitori MAGA. “Nessun altro paese – scrive il mensile politico The Nation – ha la capacità di resistere al suo prevedibile antagonismo contro Pechino con lo stesso grado di forza e tenacia, e nessuno suscita più ostilità e indignazione tra i suoi sostenitori MAGA”. E lo sgambetto a Pechino è la prima traccia delle sue vere intenzioni.

Donald Trump ha minacciato Canada e Messico, i due Paesi confinanti che da mesi aveva nel mirino. Ufficialmente accusati di non sostenere la sua politica anti immigrazione e la lotta al fentanyl, la droga sintetica per la quale muoiono per overdose 200 americani al giorno. Un problema di sicuro. Resta il fatto che i consumatori delle droghe sono gli americani e il problema non è solo di chi permette l’accesso di queste droghe, ma anche quello di una società incapace di contrastare i propri timori, le ansietà, i sensi di colpa se non con una pillola, o con una “sniffata”. Il risultato vede un numero crescente di ex militari che hanno provato gli orrori della guerra, di disadattati, di giovani che sperimentano l’evasione, o che scappano dalle realtà delle loro vite. Un fenomeno sociale al quale il Paese non sa come rispondere e che punta l‘indice accusatore allo spacciatore, senza interrogarsi su cosa abbia creato la necessità della droga.

Per il Canada, poi, il traffico di fentanyl e della droga in generale, è inverso: entra nel Paese dagli Stati Uniti. La settimana scorsa quasi due quintali di droga, tra cocaina, fentanyl, ecstasy, crystal meth, più trentotto fucili a ripetizione due fucili ad alta precisione, quattro casse piene di munizioni e 300 mila dollari in contanti, sono stati sequestrati dalla polizia di Toronto dopo che erano entrati in Canada dagli Stati Uniti. Al contrario la polizia di frontiera degli Stati Uniti, in tutto il 2024 ha sequestrato in 118 operazioni, “solo” 19 chilogrammi di droga, mentre alla frontiera con il Messico i sequestri sono stati di quasi 10 tonnellate.

Ma “cosa vuole davvero Trump da Canada e Messico?”, la domanda se l’è posta pure il New York Times, secondo il quale le richieste del presidente sono difficili da misurare e “ciò gli consente di dichiarare vittoria quando lo ritiene opportuno”. Per l’influente quotidiano di New York si tratterebbe anche di uno dei suoi trucchi per mantenere vivo il rapporto con i MAGA.

Secondo il quotidiano la strategia adottata da Trump nei confronti di Città del Messico e Ottawa è proprio l’assenza di chiarezza negli obiettivi. Il presidente ha più volte insistito sul fatto che Canada e Messico devono fermare il flusso di migranti al confine e l’invasione del fentanyl. Ma, almeno pubblicamente, è stato piuttosto vago sui parametri di riferimento per valutare il livello di cooperazione dei suoi vicini. Ieri alla domanda se ci fosse qualcosa che Trudeau potesse fare per evitare i dazi, il presidente ha risposto: “Non lo so”. “Abbiamo un grande deficit con il Canada come con tutti i Paesi”, ha detto ai giornalisti nello Studio Ovale, ripetendo che vuole veder diventare il Canada il 51mo Stato dell’Unione.

E questo è il secondo indizio: il presidente parla di deficit commerciale in una conversazione il cui scopo era la lotta al fentanyl.

Dopo una giornata turbolenta di telefonate, minacce pubbliche e patteggiamenti privati, alla fine Trump ha deciso di posticipare di 30 giorni l’imposizione dei dazi contro i due Paesi, mitigando una crisi che nella mattinata aveva sconvolto i mercati mondiali. In prativa non è successo nulla, Il Messico ha ribadito quello che era già stato accettato dal precedente presidente, di mandare i militari lungo il confine, ma con una riduzione delle truppe. Con un accordo del 2019 i militari messicani distaccati al confine per bloccare l’ingresso illegale negli Stati Uniti erano 15 mila. Ciò nonostante il presidente ha detto di aver costretto il Canada e il Messico ad accettare le sue richieste. Trudeau gli avrebbe detto che sarebbe stato nominato uno ‘zar del fentanyl’ e ha rilanciato la proposta di una forza congiunta per combattere la criminalità organizzata e il riciclaggio di denaro oltre che la droga. Il Messico, ha detto Trump, ha promesso di rafforzare il confine con 10mila membri della sua Guardia nazionale.

Quello che Trump non ha detto è che Trudeau, in un post sui social media, ha affermato che le richieste del presidente americano erano già state attuate all’inizio di dicembre nell’ambito di un piano al confine da 1,3 miliardi di dollari che prevede l’impiego di tecnologia e personale aggiuntivi.

“Trump prospera nel caos, prospera nell’incertezza”, ha commentato John Feeley, ex ambasciatore degli Stati Uniti a Panama e vice capo della missione in Messico.

Secondo molti osservatori politici Trump ha fatto questo teatrino per riaprire in anticipo i negoziati del trattato USMCA, l’accordo commerciale tra i tre Paesi, da lui siglato cinque anni fa e che scade nel 2026, nel mezzo delle elezioni di Mid Term. Spera che rinegoziando il trattato riesca a “trovare” quei fondi per cercare di riportare a bordo della sua agenda i repubblicani “duri”, quelli che gli hanno messo il bastone tra le ruote negandogli l’alzamento del tetto di spesa. Il vero e unico obiettivo di Trump è quello di ridurre le tasse. Per farlo ha demandato il miliardario Elon Musk a tagliare le spese federali, ma questo non basta e sarà forzato a tagliare la spesa sociale, ma se fa questo rischia di perdere le maggioranze a Camera e Senato alle elezioni del 2026.

I tagli da lui fatti nel 2017 dopo aver detto che ne avrebbe beneficiato la “middle class” per oltre l’80% sono andati a società, partnership fiscali e individui con un patrimonio molto elevato. Secondo le stime del Congressional Budget Office il costo per le facilitazioni fiscali ha aumentato enormemente il deficit pubblico, quasi 2 triliardi (2 mila miliardi) di dollari. Il vantaggio fiscale per la classe media è stato piccolo. Ed ecco che le minacce a Canada e Messico, le truppe al confine, sono parte della sua strategia per zittire gli irriducibili del suo partito che non vogliono indebitare ulteriormente il Paese.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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