“Il calcio americano è stato violentato dai (…) proprietari della MLS, che hanno orchestrato una truffa alla Madoff ai danni di tutto il movimento calcistico.”
Con questi toni asprissimi Rocco Commisso, patron della Fiorentina e fondatore di Mediacom, si esprimeva su Twitter nel dicembre 2017, lanciando accuse gravissime contro i vertici della Major League Soccer (MLS) e della Federazione Calcistica degli Stati Uniti (USSF).
Le parole al vetriolo, pubblicate da Commisso mediante un profilo falso (“Global Soccer Fan”), accusavano il commissario MLS Don Garber e l’allora presidente della USSF Sunil Gulati di aver monopolizzato il calcio statunitense per assecondare i propri interessi. Ma soprattutto di aver ingiustamente affossato la lega di cui Commisso era presidente all’epoca dei fatti: la North American Soccer League (NASL), una “Serie B” del soccer a stelle e strisce fallita nel 2017.
Nel 2017, infatti, la USSF aveva negato alla NASL la possibilità di rimanere come lega professionistica di seconda divisione, provocando il rovinoso fallimento della NASL nonché l’inizio di una battaglia legale durata anni. Ma mentre in tribunale la NASL chiedeva un maxi-risarcimento 170 milioni di dollari a MLS e USSF, sui social l’imprenditore italo-americano si scatenava.
“Se questa causa va avanti, usciranno gli scheletri dall’armadio”, si legge in uno dei tweet pubblicati dal patron di Mediacom sotto falso nome. Sempre sfruttando l’anonimato, Commisso paragonò Garber a Hervey Weinstein (il produttore hollywoodiano finito nel mirino del movimento #MeToo per decine di abusi sessuali verso attrici e collaboratrici) e Gulati a un altro criminale di alto profilo, Bernie Madoff (finanziere di Wall Street autore del più rovinoso schemi Ponzi della storia USA).
A rinfacciargli quei tweet sono stati negli scorsi giorni i legali della MLS. Chiamato a testimoniare in un tribunale newyorkese nel corso di una causa per diffamazione, Commisso si è detto consapevole della gravità di paragonare il capo della Federcalcio USA a un predatore sessuale come Weinstein, spiegando che la scelta di parole era stata un’espressione del disappunto per le decisioni che avevano danneggiato la sua lega.
Nel corso della sua testimonianza, Commisso ha rivelato anche altri dettagli inquietanti. Come quello di aver creato un secondo account anonimo, sotto il nome di Virgil Kane, per continuare a diffondere messaggi contro MLS e USSF, coinvolgendo persino il team di pubbliche relazioni di Mediacom. Oltreché di aver chiesto alla Fox di licenziare Alexi Lalas, un analista sportivo che aveva criticato le azioni legali della NASL.
“Non ero in me”, ha provato a giustificarsi Commisso. “Non mi sento bene per quello che ho fatto, ho smesso con i social e sono contento di non aver più avuto a che fare con queste cose” ha aggiunto. Ma niente scuse. Commisso ha infatti ribadito che la sua battaglia contro la MLS e la USSF fosse motivata da un motivo più che giusto: la sua convinzione che il sistema calcistico statunitense fosse corrotto e ingiusto.