Il cessate il fuoco a Gaza inizierà domenica alle 8:30 ora locale (le 7:30 in Italia, l’1:30 ora di New York): lo ha annunciato il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, paese grande mediatore dell’accordo fra Israele e Hamas. La tregua è ufficializzata ormai dopo l’approvazione nella tarda serata di venerdì da parte del governo israeliano nel suo plenum, dopo l’ok del gabinetto di sicurezza.
“Consigliamo ai nostri fratelli di rimanere cauti, di esercitare la massima attenzione e di attendere istruzioni da fonti ufficiali”, ha scritto il portavoce qatariota Majed al-Ansari in un post su X in arabo.
Tanto più che a Gaza si muore ancora. L’agenzia di stampa palestinese Wafa riporta che la notte scorsa cinque membri di una famiglia, inclusi tre bambini, sono stati uccisi in un bombardamento dell’esercito israeliano che ha preso di mira una tenda che ospitava gli sfollati nell’area di Mawasi della città di Al-Qarara, vicino alla moschea di Al-Hedaya, a nord di Khan Yunis, nel sud della Striscia.
L’esercito israeliano da parte sua informa che sabato mattina le sirene dell’antiaerea hanno suonato mentre veniva intercettato un missile lanciato dallo Yemen; l’agenzia AFP riporta esplosioni a Gerusalemme.
L’ansia è alle stelle: da parte palestinese, per l’attesa spasmodica della fine dei bombardamenti e il rilascio promesso di prigionieri dalle carceri israeliane. Da parte israeliana, per il rilascio di 33 persone – gli ostaggi del 7 ottobre che Israele ritiene siano ancora vivi sui 98 che mancano all’appello.

La lista dei nomi è stata pubblicata venerdì. Tra i primi ad essere rilasciati ci sono le donne rapite dai kibbutz e al festival di Nova: Romi Gonen, Emili Demari, Arbel Yehud, Doron Steinbrecher, nonché Shiri Bibas e i suoi figli Ariel e Kfir. Successivamente, secondo il piano, saranno liberate le cinque soldatesse Liri Elbag, Karina Ariev, Agam Berger, Daniela Galbo e Naama Levi. La lista include anche 10 uomini di età compresa tra i 50 e gli 85 anni: Ohad Ben Ami, Gidi Moses, Keith Sigal, Ofer Calderon, Eliyahu Sharabi, Itzik Elgart, Shlomo Mancer, Ohad Yahalomi, Oded Lipschitz e Tzachi Idan. Inoltre, dovrebbero essere rilasciati nella prima fase dell’accordo altri nove ostaggi, tra cui feriti e malati – Yarden Bibas (il padre dei due bambini), Shagai Dekel Chen, Yair Horn, Omer Venkert, Aleksandr Tropnov, Eliya Cohen, Or Levy, Tal Shoham e Omer Shem Tov – così come Avra Mengistu e Hisham Shaaban al-Said, che sono prigionieri a Gaza già da dieci anni.
Si tratta di una tregua in tre stadi, con una prima fase di sei settimane per lo scambio: gli ostaggi israeliani contro quasi 2.000 prigionieri palestinesi: centinaia di gazani arrestati dopo il 7 ottobre, e 737 uomini, donne, adolescenti, alcuni memnri di gruppi militanti e condannati per attentati mortiali. Domenica, saranno rilasciati 30 prigionieri palestinsi per ogni donna ostaggio israliana.
Sette giorni dopo, secondo il negoziatore Usa Brett McGurk, dovrebbero essere rilasciate altre quattro donne israeliane, e poi altri tre ostaggi ogni sette anni: si parla di vivi – e dei corpi dei morti.
Il governo di Benjamin Netanyahu alla fine ha messo a tacere le resistenze del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir e dell’omologo delle Finanze Bezalel Smotrich, esponenti della destra ultra-ortodossa.
La tregua – che secondo Joe Biden è “identica” al piano presentato dalla sua amministrazione lo scorso maggio – prevede inoltre una fase iniziale di cessate il fuoco della durata di sei settimane, durante la quale sono previsti il ritiro graduale delle forze israeliane dalla zona centrale di Gaza e il ritorno degli sfollati palestinesi nel nord della Striscia. Il patto prescrive che per ogni giorno di cessate il fuoco 600 camion di aiuti umanitari potranno entrare a Gaza, di cui 50 con carburante, e 300 destinati alla zona settentrionale.
L’implementazione dell’accordo sarà garantita da Stati Uniti, Qatar, ed Egitto. Gli ultimi due Paesi, secondo fonti qatarine, supervisioneranno il ritorno degli sfollati dal sud della Striscia di Gaza verso il nord. Lo Stato ebraico si è inoltre impegnato a ritirarsi gradualmente dal corridoio di Netzarim, nel centro di Gaza.
I due belligeranti si sono contestualmente impegnati a riprendere i negoziati sulla cosiddetta seconda fase entro il 16° giorno della fase iniziale. Questa dovrebbe prevedere il rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti, un cessate il fuoco permanente e il completo ritiro delle truppe israeliane, come è stato espressamente richiesto da Hamas. A tale riguardo, martedì il segretario di Stato USA uscente Antony Blinken aveva proposto un piano che prevede il ricongiungimento di Cisgiordania e Gaza sotto un unico governo guidato dall’Autorità Palestinese.
Malgrado l’insediamento della nuova amministrazione repubblicana di Donald Trump sia previsto per il prossimo 20 gennaio, agli ultimi colloqui di Doha ha partecipato anche il suo inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che ha rappresentato Washington in tandem con l’omologo rappresentante dell’amministrazione Biden, Brett McGurk.
Negli scorsi giorni il repubblicano aveva invitato Hamas e Israele a raggiungere prima dell’insediamento alla Casa Bianca, minacciando di “scatenare l’inferno” contro la milizia islamista in caso di mancata liberazione degli ostaggi israeliani.
“Lavoreremo a stretto contatto con Israele e i nostri alleati per assicurarci che Gaza non diventi mai più un rifugio sicuro per i terroristi”, aveva aggiunto Trump. Il presidente-eletto ha inoltre promesso che verrà dato nuovo slancio agli accordi di Abramo del 2020, che sotto gli auspici della sua amministrazione hanno contribuito a normalizzare i rapporti diplomatici tra lo Stato ebraico e diversi Stati arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan.