Lo sciopero di Starbucks si allarga. Cominciato lo scorso venerdì a Seattle, Chicago e Los Angeles, alla Vigilia di Natale, martedì 24 dicembre, si è esteso nei locali di 43 Stati, compreso New York e tutta l’area metropolitana della Grande Mela. I numeri tuttavia sono contrastanti.
Starbucks Workers United ha dichiarato che su 525 punti vendita coperti dal sindacato 300 caffetterie erano chiuse e 5.000 baristi si erano uniti alla protesta. Il colosso di Seattle, invece, ha inviato un comunicato a CBS MoneyWatch sostenendo che solo 170 locali non avevano aperto – circa il 2% del totale – e che 200 mila lavoratori hanno “continuato a servire i clienti durante le feste”.
I dipendenti dell’azienda hanno cominciato a protestare perché la direzione di Starbucks non avrebbe rispettato l’impegno preso a febbraio di raggiungere un accordo con il sindacato entro la fine del 2024. Starbucks Workers United chiede che gli stipendi dei baristi iscritti al sindacato aumentino del 64% e del 77% nel corso di un contratto triennale e che il colosso del caffè risolva centinaia di pratiche sindacali presentate al National Labor Relations Board, l’agenzia federale che si occupa di difendere i diritti dei lavoratori.
Da Starbucks hanno risposto che le negoziazioni sono state interrotte senza preavviso e prematuramente e che i dipendenti godono già di retribuzioni a loro favore e 30 dollari di benefit a chi lavora almeno 20 ore a settimana. “Siamo pronti a continuare le trattative quando il sindacato tornerà al nostro tavolo”, ha dichiarato Sara Kelly, vicepresidente esecutivo e capo ufficio partner di Starbucks.