Sempre più pazienti affetti da gravi malattie stanno esplorando le terapie psichedeliche come strumento per affrontare l’ansia e l’angoscia esistenziale legate a diagnosi terminali. Un caso emblematico è quello di Barry Blechman, un analista di relazioni internazionali di 81 anni con un tumore metastatico alla vescica, che come riportato dal quotidiano New York Times, ha trovato conforto in una sessione con psilocibina, il principio attivo dei funghi allucinogeni.
Dopo aver assunto la sostanza sotto forma di tè in una clinica dell’Oregon, Blechman ha raccontato di aver vissuto una profonda riduzione degli stati ansiosi e di aver sperimentato una nuova prospettiva sulla vita e sulla morte. La moglie, colpita dalla leggerezza nella voce del marito al termine della sessione, ha descritto il cambiamento come “una liberazione da un peso”.
Le terapie psichedeliche applicate alla cura palliativa stanno guadagnando terreno, grazie anche a studi preliminari che suggeriscono benefici duraturi. Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Cancer, l’80% dei pazienti trattati con una singola dose di psilocibina ha riportato miglioramenti significativi, con il 50% che ha registrato una remissione completa dei sintomi depressivi per almeno due mesi.
Nonostante i risultati promettenti, il settore è ancora agli inizi. La ketamina, una sostanza legale prescritta off-label, ovvero al di fuori delle prescrizioni ordinarie, è un’alternativa più accessibile rispetto alla psilocibina e sta diventando sempre più popolare. Secondo il dottor Michael Fratkin, specialista in cure palliative, molti pazienti trattati con il farmaco hanno sperimentato un sollievo significativo da paura, ansia e dolore fisico.
Le terapie psichedeliche non sono una soluzione miracolosa, ma offrono un approccio innovativo per rielaborare emozioni profonde e difficili. Gualtiero Colombo, uno dei ricercatori coinvolti, sottolinea che queste esperienze permettono di affrontare il rapporto con il fine vita in modo diverso, creando una sorta di “carta d’identità emotiva” che aiuta a migliorare la qualità della vita residua.
Non mancano, però, le sfide. La mancanza di standardizzazione, i costi elevati e i rischi legati all’uso improprio di queste sostanze rappresentano ostacoli significativi. Inoltre, molti esperti sottolineano la necessità di studi più rigorosi per validare i risultati ottenuti.
Nonostante le difficoltà, il campo della medicina psichedelica sta suscitando grande interesse, aprendo nuove possibilità per la gestione delle cure palliative. Come ha spiegato un terapeuta coinvolto: “Questi trattamenti non eliminano la sofferenza, ma possono trasformare il modo in cui viene affrontata”.
Per pazienti come Barry Blechman, l’accesso a tali terapie ha rappresentato una svolta. “Non temo più la morte,” ha dichiarato, “e fino ad allora voglio godermi ogni momento.”