Non ci sarebbe solo la mano (e le armi) del “sultano” Erdoğan dietro l’irresistibile avanzata dei ribelli islamisti siriani di Tahrir al-Sham (HTS), responsabili della caduta del regime di al-Assad e dell’umiliazione del suo principale alleato, la Russia di Vladimir Putin.
Secondo il Washington Post, anche l’intelligence ucraina avrebbe favorito l’avanzata delle milizie salafite con una campagna di operazioni clandestine volte a screditare il rivale russo e distrarne risorse e logistica. Fonti ucraine riportate dal quotidiano capitolino, notoriamente ben informato su questioni di intelligence, sostengono che Kyiv avrebbe fatto arrivare circa 150 droni di nuova generazione e una ventina di esperti capaci di manovrarli presso la roccaforte di HTS a Idlib.
Il contributo ucraino alla causa ribelle era stato portato alla luce già lo scorso giugno in un articolo del Kyiv Post: l’intelligence ucraina, nota come GUR, aveva intensificato le sue azioni nel Vicino Oriente e aiutato i gruppi islamisti a colpire installazioni militari russe, come bunker fortificati e mezzi logistici.
Il coinvolgimento è ben noto anche al Cremlino, che da mesi ormai accusa Kyiv di manovre paramilitari in tutta la Siria. A novembre, in un’intervista alla TASS, il rappresentante speciale russo per la Siria Aleksandr Lavrentyev si era detto certo che agenti speciali ucraini stavano operando attivamente a Idlib, roccaforte ribelle da cui a fine novembre è partita la campagna fulminea che ha portato al-Jolani a Damasco. Di “operazioni sporche” condotte dagli uomini di Kyiv contro gli interessi russi in Siria aveva parlato a settembre anche il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
I russi hanno ipotizzato che il sostegno ucraino a HTS fosse motivato anche dal tentativo di reclutare combattenti siriani per contrastare le truppe di Mosca nel Donbass. Secondo un articolo apparso a settembre sul quotidiano nazionalista turco Aydınlık, l’Ucraina avrebbe offerto alla milizia anti-Assad la fornitura di 75 veicoli aerei senza pilota (UAV) in cambio del rilascio di decine di jihadisti ceceni e georgiani da inviare in Est Europa – anche se la notizia non ha trovato conferme ufficiali (e nell’articolo si parla persino del rilascio di Abu Omar al-Shishani, di cui l’ISIS ha peraltro confermato la morte nel 2016).
Un account Telegram russo vicino all’esercito ha tuttavia minimizzato l’apporto di Kyiv. Gli operativi del GUR, si legge nella chat, avrebbero sì visitato Idlib, ma solo per un breve periodo e non abbastanza per addestrare i siriani a far funzionare i veicoli aerei senza pilota (UAV) da zero. E poi, prosegue, l’HTS ha da tempo ha sviluppato un proprio programma di UAV.
Nell’aprile del 2023, Kyrylo Budanov, capo del GUR, aveva promesso che la guerra contro i russi non si sarebbe fermata ai fronti aperti nel sud e nell’est dell’Ucraina. Sinora le operazioni clandestine si sono concentrate soprattutto sull’Africa, aiutando ad esempio i ribelli in Mali a tendere un’imboscata letale agli Africa Corps (già Gruppo Wagner) lo scorso luglio che ha causato pesanti perdite tra le forze paramilitari russe. In Siria l’apporto ucraino potrebbe essere stato assai minore, ma comunque di indiscutibile valore simbolico.