Migliaia di sfollati libanesi sono tornati nelle loro case nelle prime 24 ore di tregua tra Israele e Hezbollah. Nonostante i richiami delle forze libanesi e israeliane a evitare alcune zone, molte persone hanno intrapreso il viaggio verso le loro città natali, tra le rovine lasciate dalla guerra, portando con sé pochi effetti personali.
L’accordo stipulato sotto l’egida dell’amministrazione Biden prevede una cessazione permanente delle ostilità e che le forze armate libanesi prendano il controllo delle regioni meridionali del paese, dove le truppe israeliane si ritireranno gradualmente entro i prossimi 60 giorni. Hezbollah, dal canto suo, dovrà ritirarsi a circa 30 chilometri dal confine israeliano, spostandosi verso il fiume Litani.
La tregua è una boccata d’ossigeno per i 1,2 milioni di rifugiati libanesi e le decine di migliaia di israeliani che avevano lasciato le loro case lungo il confine. “Abbiamo perso tutto, ma non ci arrendiamo. La nostra casa tornerà più bella”, ha dichiarato all’AP Fatima Hanifa, una sfollata libanese tornata a Tiro.
La situazione per gli israeliani è ben diversa. Nonostante il cessate il fuoco, molti rimangono scettici sulla sua efficacia e temono che Hezbollah non sia stato davvero sconfitto. “Non credo che sia sicuro tornare a casa. Hezbollah è ancora troppo vicino a noi”, ha dichiarato Eliyahu Maman, sfollato dalla città di Kiryat Shmona, che ha subito pesanti danni nei mesi di combattimenti.
Se dovesse resistere, il cessate il fuoco porrebbe fine a mesi di violenze e potrebbe contribuire a evitare un’escalation che avrebbe coinvolto anche gli alleati regionali, come l’Iran e gli Stati Uniti. Ma le ombre sul futuro sono ancora pesanti.
Il passaggio di consegne non sarà privo di insidie: la zona di confine è ancora in gran parte distrutta, e le forze libanesi si troveranno a dover affrontare non solo la presenza di Hezbollah, ma anche le difficoltà logistiche di una ricostruzione che sembra ben lontana a causa di un conflitto che nel giro di un anno ha mietuto quasi 3.800 vittime e circa 16.000 feriti.
Il governo israeliano ha chiarito che, qualora Hezbollah violasse il cessate il fuoco o ponesse una minaccia diretta alla sicurezza di Israele, Tel Aviv manterrà il diritto di autodifesa militare. Le forze israeliane, pur ritirandosi, manterranno un certo livello di prontezza operativa nella regione, e gli Stati Uniti e la Francia garantiranno il supporto logistico e formativo alle forze armate di Beirut.
Rimane invece immutata la situazione a Gaza, dove i combattimenti tra Israele e Hamas continuano. Nelle ultime ore, i raid aerei israeliani su scuole-orfanotrofi a Gaza City hanno provocato la morte di 11 persone, tra cui quattro bambini. Mercoledì la milizia islamista aveva fatto sapere di essere pronto a negoziare una tregua, proponendo uno scambio di prigionieri. “Hamas ha dimostrato una grande flessibilità nel raggiungere un accordo ed è ancora impegnato in questa posizione ed è interessato a raggiungere un accordo che ponga fine alla guerra a Gaza”, le parole di un funzionario del gruppo palestinese, Abu Zuhri, alla Reuters.