La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso giovedì mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant, e uno dei leader di Hamas, Ibrahim Al-Masri. I tre sono accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
La corte ha stabilito, con decisione unanime, “che vi siano ragionevoli motivi per ritenere che entrambi gli individui (Netanyahu e Gallant, nda) abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di oggetti indispensabili alla sua sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, oltre a carburante ed elettricità”, si legge.
La decisione segue l’annuncio del procuratore della CPI, Karim Khan, che il 20 maggio aveva dichiarato di aver richiesto i mandati di arresto per reati legati agli attacchi del 7 ottobre 2023 contro Israele da parte di Hamas e alla successiva risposta militare israeliana a Gaza.
Israele ha sempre respinto la giurisdizione della corte dell’Aja, negando le accuse di crimini di guerra a Gaza. Le autorità israeliane hanno inoltre affermato di aver ucciso Al-Masri, noto anche come Mohammed Deif, in un raid aereo, ma Hamas non ha né confermato né smentito tale informazione. Quindi la Corte ha deciso di non poter confermare effettivamente la morte di Deif (che comandava le brigate al Qassam, il braccio armato di Hamas) e ha emesso comunque un mandato contro di lui.
La decisione della Corte Penale Internazionale trasforma Netanyahu e Gallant in sospetti ricercati a livello internazionale e probabilmente li isolerà ulteriormente e complicherà gli sforzi per negoziare un cessate il fuoco per porre fine al conflitto che va avanti da 13 mesi.
Ma le sue implicazioni pratiche potrebbero essere limitate – come ricorda il quotidiano israeliano Haaretz – poiché Israele e il suo principale alleato, gli Stati Uniti, non sono membri della corte.
Imbarazzo per i paesi europei come l’Italia che al contrario, in quanto membri, dovrebbero arrestare Netanyahu se si recasse a Parigi o a Roma. Nella pratica però la decisione non implica un immediato arresto di Netanyahu e Gallant. La Corte non ha una propria forza di polizia e fa affidamento sui singoli stati (sono 124 i Paesi aderenti) per arrestare le persone sottoposte a mandato di arresto. I Paesi Bassi sono stati fra i primi a confermare che arresterebbero Netanyahu, qualora entrasse nel paese.
Immediato il parallelo con Vladimir Putin: anche contro il presidente russo è stato spiccato dalla Corte un mandato di cattura dopo l’invasione dell’Ucraina, e da allora non ha più messo piede in Europa (anche se si è recato in Cina, in Corea del Nord, e anche recentemente in Mongolia, uno degli Stati membri della Corte, senza essere arrestato).
Il premier e altri leader israeliani avevano condannato la richiesta di mandati del procuratore capo della CPI Karim Khan come vergognosa e antisemita.
“Questo è un giorno buio per la giustizia”, ha scritto il presidente israeliano Isaac Herzog in un post su X.
Benny Gantz, leader dell’opposizione israeliana e critico di Netanyahu, ha definito i mandati di arresto “una vergogna storica che non sarà mai dimenticata”. In Israele, la guerra a Gaza, iniziata lo scorso anno in risposta all’attacco di Hamas nel sud del Paese, è ancora vista da molti come una causa giusta, nonostante le critiche sulla gestione dei sequestri di ostaggi e l’alto numero di vittime civili a Gaza.
Per oggi era intanto previsto un incontro tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Amos Hochstein, alto funzionario dell’amministrazione Biden. Ieri Hochstein aveva concluso due giorni di colloqui con le autorità libanesi, facendo sapere di aver registrato “progressi significativi” nei tentativi di porre fine al conflitto in corso tra Israele e il gruppo militante libanese Hezbollah.