L’impiego di missili a lungo raggio per colpire obiettivi in territorio russo segna “una significativa escalation e una fase nuova nell’impegno di Washington nella guerra”.
Così il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato lunedì l’ok dell’amministrazione Biden all’Ucraina all’utilizzo di missili a lungo raggio Army Tactical Missile Systems (ATACMS) per bersagliare obiettivi nella regione frontaliera di Kursk. La mossa, riportata da diversi media statunitensi, arriva in risposta all’alleanza militare tra Russia e Corea del Nord, che ha inviato almeno 12.000 soldati nella regione di Kursk che le forze di Mosca stanno cercando di riconquistare dopo oltre due mesi di occupazione ucraina.
Peskov ha aggiunto che finora le autorità di Mosca non hanno avuto conferme ufficiali di quanto riportato dai media statunitensi, ma che la posizione di Mosca è stata “articolata in modo estremamente chiaro e inequivocabile” dal Presidente Vladimir Putin all’inizio dell’anno.
A suo tempo, il leader russo aveva messo in guardia i Paesi NATO dall’eventualità di un impiego di missili a lungo raggio contro la Russia, avvertendoli che questo avrebbe segnato una “partecipazione diretta alla guerra” a cui la Russia avrebbe risposto “con le necessarie misure per proteggere il nostro paese.” Putin aveva coerentemente esteso le regole d’uso delle sue forze nucleari, autorizzando un possibile strike nucleare per rispondere non solo a un attacco convenzionale massiccio, ma anche a un attacco da parte di Paesi non nucleari che siano supportati da potenze nucleari.
Da parte ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky ha sottolineato l’importanza dei missili a lungo raggio come parte fondamentale del “piano di vittoria” di Kyiv. “I missili non si annunciano con le parole. Saranno loro a parlare per noi,” ha dichiarato domenica in un discorso alla nazione.
Al momento, il Pentagono ha scelto di non commentare ufficialmente la decisione di Biden, limitandosi a confermare che l’autorizzazione riguarda appunto solo la regione di Kursk e non aree più in profondità.
A vincere le iniziali remore di Biden sarebbe stato, secondo le indiscrezioni, il coinvolgimento militare del regime nordcoreano di Kim Jong-un. Pyongyang ha inviato nelle scorse settimane un nutrito contingente di soldati – almeno 15.000 – a supporto dell’alleato russo proprio nella zona di Kursk. Secondo fonti interne, l’autorizzazione di Biden avrebbe proprio l’obiettivo di fermare ulteriori invii di truppe nordcoreane e di indebolire il sostegno di Kim a Putin.