Difficile trovare le parole. D’accordo, ci stiamo abituando, eppure mai come stavolta Sinner è andato vicino alla perfezione. Lo strapotere mostrato contro Casper Ruud non ha quasi precedenti: sul cemento di Torino ha frantumato in 68 minuti un avversario tosto, in grande spolvero, lasciandogli appena gli avanzi di un piatto sontuoso. Lo score dice tutto, ma in questo tutto c’è tanto altro ancora: il 6-1, 6-2 rifilato al numero 6 del ranking (il settimo è Djokovic), 26 anni, ex numero due del mondo, tre finali Slam in carriera, è un’impresa straordinaria. Il norvegese aveva messo le mani avanti nell’immediata vigilia: “Jannik è il favorito. Ma ha più pressione sulle spalle giocando in casa, anche se il ruolo non lo lo preoccupa. Onestamente, sembra che abbia dimenticato come si perde”. Dimenticato come si perde, il tema è proprio questo. “Per batterlo bisogna trovare qualcuno su un’altra galassia”, è la chiosa di Adriano Panatta che pure di super campioni ne ha visti. Vengono in mente le parole del kazako Bublik, tre anni fa a Miami. Sconfitto dall’azzurro disse stringendogli la mano: “You are not human”, ed era l’epoca in cui Sinner stava cominciando a costruire con i mattoncini Lego il suo gioco. Adesso per gli avversari è anche peggio.

Forse per un paragone sensato bisogna pescare in altri sport. “A terrible beauty is born” – è nata una terribile bellezza, titolò Life Magazine quando Mike Tyson si prese sul ring il titolo mondiale. La violenza di Sinner in campo, senza spargimento di sangue, è la stessa di un peso massimo. Eppure l’hurricane italiano è un giovanotto filiforme, normodotato muscolarmente, che non si capisce come faccia a esprimere una tale potenza. Il match contro il norvegese è stata una immediata esplosione di colpi: l’ennesima sportellata con il dritto gli ha dato subito il break, confermato con impressionante regolarità nei game successivi. È stato come vedere al lavoro una inarrestabile macchina sparapalle: Jannik tira fortissimo e non sbaglia, manco abbia un telecomando invisibile incorporato alla racchetta. Così il primo gioco messo a referto dal rivale è stato solo una tregua brevissima davanti al fuoco dell’artiglieria pesante. Non che Ruud abbia accettato di fare la comparsa, anzi: a metà del primo set, tre punti consecutivi hanno messo in pericolo l’imbattibilità al servizio del fuoriclasse altoatesino. La sua reazione è stata una dimostrazione di forza: due discese a rete, una volée estratta dall’ombelico, un ace e problema risolto in un amen.

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Il match è finito qui, ammesso che fosse mai cominciato: pratica chiusa in mezz’ora esatta, l’avversario sconcertato e alle corde. Intendiamoci. Casper è un ottimo tennista con la patente di eterno secondo: ha avuto risultati lusinghieri, ma non ha mai conquistato neppure un Master 1000. Dev’essere una questione di geni. È figlio d’arte, il padre Christian negli anni Novanta entrò fra i primi 40 della classifica senza però vincere un titolo Atp. L’unico talento che davvero lo fa somigliare a Sinner è la correttezza: ha ricevuto lo Stefan Edberg Sportsmanship Award, premio per il tennista che si comporta meglio in partita. Considerato il proverbiale fair play di Sinner, i due giovani gentiluomini avrebbero potuto giocare senza bisogno dell’arbitro. Sarebbe bastato il tabellone a contare i punti della calcolatrice con i capelli rossi, in azione davanti al pubblico entusiasta e incredulo. “Dalla tivù sembra di vedere un altro Djokovic”, ha cercato di spiegare Ruud più tardi. Aggiungendo: “Però non è così, Jannik tira più forte di lui e non ti lascia mai respirare”.

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Inutilmente il norvegese ha provato a risalire la corrente nel secondo set. Ha rallentato i colpi per accelerare improvvisamente, ha alzato le traiettorie, arrotato, smorzato, fintato, scambiato. Resistere, resistere, resistere è stato il suo mantra. Ha retto finché ha potuto, poi non ne ha potuto più: Jan ha rimontato dallo 0-30 con due servizi vincenti, un dritto lungolinea micidiale e un ace. L’incontro è ri-finito qui. Il demolitore ha spinto ancora per infilarsi sotto la doccia senza perdere altro tempo: un’ora e otto minuti erano più che abbastanza. L’aspetta ora la finale contro Taylor Fritz, che nel pomeriggio aveva fatto fuori il favorito Zverev al tiebreak della terza partita. L’americano è un avversario regolato senza troppe difficoltà nel round robin, ma il fresco precedente significa poco. “Il tennis è uno sport imprevedibile”, ha commentato Wonder Boy ai microfoni. Ripensando certamente all’epilogo dello scorso anno: il titolo perso contro Nole, dopo averlo battuto nel girone. Dunque meglio attrezzarsi e non replicare la beffa, magari alzando le percentuali di prime palle al servizio: il fondamentale che costituisce l’arma migliore del nemico Fritz. C’è ancora domani, ma almeno per stasera così si gioca solo in paradiso.