In Sudamerica non ci sono elefanti, ma l’ombra di Donald Trump è destinata ad essere il “pachiderma nella stanza” (o elephant in the room) nei due grandi appuntamenti internazionali di questo weekend: il vertice APEC di Lima e G-20 di Rio de Janeiro.
Mentre il mondo si prepara a fare i conti con la rinascita dell’agenda “America First”, le tensioni si moltiplicano su più fronti: dall’economia globale ai conflitti in Europa e Medio Oriente. Grande è insomma la confusione sotto il cielo, con la Cina di Xi Jinping intravede un’opportunità di colmare i vuoti lasciati da un’America percepita come sempre più inaffidabile e isolazionista. A dimostrarlo anche l’inaugurazione di un megaporto finanziato da Pechino sulle coste peruviane, appena prima del vertice dell’Asia-Pacific Economic Cooperation.
La mossa di Xi è pragmatica ma al tempo stesso ambiziosa. Da una parte, mira a consolidare i legami con i Paesi del Sud del mondo; dall’altra, punta a mettere in discussione la coesione tra gli Stati Uniti e i loro alleati. Se Trump seguirà il copione già scritto durante il primo mandato – con dazi, barriere tecnologiche e politiche isolate – Pechino spera di sfruttare il malcontento dei partner di Washington per presentarsi come un’alternativa stabile e prevedibile.
Il megaporto di Chancay, un progetto da 3,5 miliardi di dollari a nord di Lima, è molto più di un’infrastruttura. “Facilitare il commercio tra America Latina e Asia” è il mantra ufficiale, ma il sottotesto è più eloquente. Per Xi, il porto rappresenta un’ancora per radicare la presenza del Dragone nel continente sudamericano e un simbolo del suo impegno verso il Sud globale.
Intanto, il mondo guarda con apprensione all’agenda del prossimo presidente americano. Trump ha già promesso tariffe fino al 60% su tutte le importazioni cinesi. La scelta di collaboratori noti per la loro posizione dura nei confronti della Cina, come Mike Waltz alla Sicurezza Nazionale e Marco Rubio al Dipartimento di Stato, lascia poco spazio a dubbi.
Ma il vero nodo per Pechino è il rischio di un’alleanza rafforzata tra Washington e i suoi partner. Biden ha già lavorato per costruire una rete di cooperazione con Giappone, Australia ed Europa contro l’ascesa cinese. Trump, noto per il suo approccio transazionale e imprevedibile, potrebbe portare avanti la strategia del democratico ma a modo suo, complicando ulteriormente i piani di Xi.
Allo stesso tempo, il margine di manovra di Xi dipende in gran parte dalla tenuta economica della Cina. Con una crescita interna rallentata e la prospettiva di ulteriori pressioni economiche da parte di Washington, Pechino si trova a dover bilanciare ambizioni globali con la necessità di evitare ulteriori conflitti diretti con gli Stati Uniti.

Chi non sarà in Brasile è invece Vladimir Putin, su cui pesa un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra in Ucraina. Il leader russo ha annunciato un mese fa che non avrebbe partecipato al vertice del G20 per non “disturbare il normale funzionamento del forum”, promettendo di trovare qualcuno che “rappresenti adeguatamente gli interessi del nostro Paese ad alto livello in Brasile”. Detto fatto: a fare le sue veci sarà il levigato ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che ha già rappresentato il Cremlino in una serie di eventi di alto livello, tra cui le sessioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e il vertice del G20 dello scorso anno in India.
In un certo senso, sarà anche l’alleato cinese a “rappresentare” Mosca – in virtù della salda alleanza istituzionale-personale che lega Xi a Putin. Pur sostenendo sia la Russia che la Corea del Nord (che ha recentemente mandato oltre 10.000 soldati a combattere al fianco dei russi), Xi ha cercato di dipingere Pechino come neutrale rispetto alla guerra in Ucraina e ha spinto per migliorare i legami con gli Stati Uniti e i suoi alleati, anche per garantire che le esportazioni continuino a sostenere un’economia cinese in difficoltà.
Ma proprio la nuova alleanza tra Mosca e Pyongyang, secondo gli addetti ai lavori, avrebbe fatto storcere il naso a Pechino – che teme l’ingresso dei nordcoreani nella sfera d’influenza del Cremlino. Non a caso il governo di Xi è rimasto pubblicamente in silenzio sull’invio di truppe nordcoreane in Russia, segno che al presidentissimo non sia troppo gradita la nuova liaison.
A Rio verrà sollevata anche la questione del sostegno della Cina alla Russia, in particolare per quanto riguarda la fornitura di componenti critici utilizzati per la fabbricazione di armi e droni. Pechino ha ripetutamente affermato di non fornire alla Russia aiuti letali e di controllare le sue esportazioni di prodotti a doppio uso.