Un recente articolo pubblicato sulla rivista scientifica Addiction Biology descrive la cannabis come una sostanza potenzialmente “genotossica”, in grado di danneggiare il DNA all’interno delle cellule.
Questo danno, secondo lo studio, potrebbe portare a mutazioni del DNA, a un invecchiamento biologico accelerato, oltre a un aumento del rischio di cancro e persino difetti genetici trasmissibili alle generazioni future.
I ricercatori dell’Università dell’Australia Occidentale, con sede a Perth, guidati da Stuart Reece, che hanno indagato sulla connessione tra cannabis e genotossicità, hanno rilevato che il danno genetico può perpetrarsi tramite ovuli o spermatozoi alterati.
Reece ha voluto sottolineare: “Il legame che abbiamo descritto ha conseguenze di vasta portata”. Questo infatti implicherebbe che l’uso della droga non è solo una questione personale, ma potrebbe avere implicazioni anche per l’eventuale prole.
Il nucleo della ricerca si concentra sul ruolo dei mitocondri, organelli cellulari essenziali per la produzione di energia e il mantenimento della salute cellulare. È stato dimostrato che la presenza di cannabinoidi, le sostanze chimiche attive della marijuana, riduce la funzionalità dei mitocondri, che influenzerebbero negativamente i processi cellulari e aumenterebbero il rischio di danni genetici.
La ricerca è stata ispirata da studi precedenti riportati dal mensile Science, che hanno evidenziato come la disfunzione mitocondriale sia associata a danni cromosomici, invecchiamento accelerato e una maggiore predisposizione a tumori, come quelli al seno, pancreas, fegato, tiroide, testicoli. Pur non focalizzandosi specificamente sulla marijuana, questi risultati hanno offerto intuizioni fondamentali per comprendere come possa avvenire l’interazione con la salute genetica.
Altre indagini suggeriscono invece che l’uso prolungato dello stupefacente possa accelerare significativamente l’età biologica, con dati che indicano un aumento dell’invecchiamento cellulare del 30% già a 30 anni.
L’evoluzione legislativa della sostanza continua a subire modifiche: resta legale per uso ricreativo in 24 stati americani e per scopi medici in una dozzina. Nonostante l’espansione, gli elettori di Florida, North Dakota e South Dakota, hanno recentemente respinto proposte per la liberalizzazione, mentre il Nebraska ha optato per permetterne l’uso medico.