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Kamala Harris saluta i suoi sostenitori: “La lotta per la libertà richiede tempo”

Dopo la sonora sconfitta, è tempo di un esame di coscienza per i democratici

Massimo JausbyMassimo Jaus
Kamala Harris saluta i suoi sostenitori: “La lotta per la libertà richiede tempo”

Kamala Harris durante il suo ultimo discorso a fronte della sconfitta alle elezioni presidenziali 2024, 6 novembre 2024 - Screenshot da CNBC youtube

Time: 4 mins read

Dopo la sonora sconfitta elettorale, i democratici si fanno l’esame di coscienza. Come è possibile che una donna, afroamericana, con un passato politico di primo piano, ex senatrice della California, ex Attorney General, vicepresidente, abbia potuto essere sconfitta da un candidato 78enne, condannato per frode e per violenza sessuale, con una montagna di procedimenti giudiziari che gli pendono sulla testa, che con le sue scelte alla Corte Suprema ha permesso l’abrogazione della sentenza che difendeva l’aborto?

Dopo una notte trascorsa in silenzio, quando oramai si capiva che non c’era più la speranza e la possibilità di ribaltare il risultato elettorale, Kamala Harris oggi ha chiamato Donald Trump per congratularsi, riconoscendo la sua vittoria elettorale.

Nel tardo pomeriggio, ha salutato i suoi sostenitori riuniti a Washington che l’hanno accolta calorosamente alla Howard University, sua alma mater. “Il mio cuore oggi è pieno di gratitudine per la fiducia che avere riposto in me, pieno di amore per il nostro Paese e pieno di determinazione – ha detto Harris. – La luce della promessa americana brillerà sempre finché continueremo a lottare. Sono orgogliosa della campagna che abbiamo fatto”.

La voce della candidata democratica si è incrinata mentre ringraziava i suoi sostenitori. Guardando il marito Doug Emhoff le sono uscite alcune lacrime. Emozionato anche il vicepresidente candidato, Tim Walz, che ha ringraziato il presidente Biden per il suo sostegno.

Harris ha esortato i suoi sostenitori a rimanere impegnati nel processo democratico. “La lotta per la nostra libertà richiederà un duro lavoro, ma come dico sempre, a noi piace. Il lavoro duro è un buon lavoro. Il lavoro duro può essere un lavoro gioioso. E la lotta per il nostro Paese vale sempre la pena”.

La vicepresidente si è poi rivolta ai giovani: “Va bene sentirsi tristi e delusi, ma sappiate che andrà tutto bene. In campagna elettorale dicevo spesso: “Quando combattiamo, vinciamo”. Ma il fatto è che a volte la lotta richiede un po’ di tempo. Questo non significa che non vinceremo ora. L’importante è non arrendersi mai”. Concludendo con un non tanto velato “noi siamo fedeli non a un presidente o a un partito, ma alla Costituzione degli Stati Uniti”.

Un mesto saluto per quanti l’hanno votata e hanno lavorato per lei durante la breve campagna elettorale.

Ma può essere considerata solo lei la responsabile del fallimento? Per molti analisti lei è solo una delle molteplici componenti che hanno portato per la seconda volta Trump alla Casa Bianca.

Secondo Politico, la candidata democratica non è mai riuscita a convincere gli elettori che era indipendente da Biden. È sempre stata vista come una “continuazione” non come una candidata con le proprie idee. Né lei ha mai troncato del tutto, forse per non apparire irriconoscente, il cordone che la teneva legata al capo della Casa Bianca. Insomma, gli elettori l’hanno vista come una banda musicale nuova, con uno spartito vecchio. Questo ha seriamente compromesso la sua capacità di convincere gli americani che la sua sarebbe stata una presidenza diversa per affrontare i problemi. Gli elettori, invece, l’hanno vista solo come una donna più giovane che avrebbe continuato le politiche del “vecchio” Biden.

Column: Who lost 2024?

In the wake of a crushing loss, some Democrats argue Biden would have fared better than his VP, writes our politics bureau chief @jmart. https://t.co/GfiMiIVQ7l

— POLITICO (@politico) November 6, 2024

Incredibilmente, molti democratici anziché fare un esame di coscienza e realizzare che i parlamentari del proprio partito possono, e devono avere, differenti visioni sulle soluzioni politiche di un problema, ma non si possono lanciare in una guerra intestina per avanzare le proprie ideologie, addossano le colpe a Biden che non si è ritirato prima intralciando il percorso per le primarie e per una campagna elettorale meno convulsa. Sul banco degli imputati anche Chuck Schumer, che ha perso la leadership di maggioranza al Senato. E veleni anche per Hillary Clinton, gelosa che un’altra donna riuscisse a conquistare quel primato che a lei era stato negato. Nessuno ammette che la componente estrema dei dem ha preferito remare contro Harris. I voti “non committed” di Minnesota, Michigan, Wisconsin, espressi durante le primarie quando Biden era ancora candidato, non sono andati alla candidata democratica. Come è possibile che in Wisconsin Trump ha vinto le presidenziali e la democratica Tammy Baldwin ha vinto il seggio al Senato? Stessa cosa in Michigan dove il voto per il presidente è andato a Trump e il seggio al Senato alla democratica Elissa Slotkin.

Una vittoria di Harris, poi, avrebbe bruciato almeno per 8 anni le aspettative di altri possibili candidati. La governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, quello della California, Gavin Newsom, e quello della Pennsylvania, Josh Shapiro, ora possono prepararsi per la sfida nel 2028.

Per ora resta da vedere se il partito sarà in grado di riformarsi, abbandonare gli individualismi e operare con una visione collettiva. Senza uno sguardo propositivo condiviso dalla maggioranza resterà un partito di opposizione.

Questa mattina il presidente Joe Biden ha chiamato Donald Trump per congratularsi per la sua vittoria e ha invitato il suo successore repubblicano a un incontro alla Casa Bianca.

Biden ha anche parlato con Kamala Harris per congratularsi per la sua campagna elettorale. La Casa Bianca ha fatto sapere che domani il Presidente farà un discorso alla Nazione per discutere i risultati delle elezioni e la transizione.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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