Continua, per lo più dietro i riflettori, il delicato lavoro di mediazione del Vaticano nel conflitto ucraino. Lunedì Monsignor Matteo Zuppi, inviato speciale di Papa Francesco per la crisi ucraina, è tornato a Mosca per la seconda missione di pace nella capitale russa dopo quella del giugno 2023, in occasione della quale aveva incontrato il patriarca ortodosso Kirill e Maria Lvova-Belova, commissaria russa per i diritti dei bambini (indagata dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra).
Ora come allora, al centro della visita c’è la richiesta di maggiori sforzi umanitari ad entrambe i belligeranti, tra cui il rimpatrio dei rispettivi prigionieri nonché il rilascio dei bambini ucraini trasferiti forzatamente in Russia. La Santa Sede ha spiegato che la missione di Zuppi ha come finalità principale quella di “valutare ulteriori sforzi per facilitare la riunificazione dei bambini ucraini con le loro famiglie e lo scambio di prigionieri, con la speranza di avvicinarsi a una pace tanto auspicata”.
La visita, iniziata lunedì, è rimasta sostanzialmente segreta fino alla diffusione di una fotografia che immortala il cardinale mentre stringe la mano al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov.
I due hanno discusso “la cooperazione nella sfera umanitaria nel contesto del conflitto in Ucraina” e altre questioni sulla scena internazionale, secondo un breve comunicato del ministero degli Esteri russo, che ha sottolineato “lo sviluppo costruttivo del dialogo tra Russia e Vaticano”.
La missione di Zuppi si inserisce in una cornice più ampia di tentativi del Papa di agire come mediatore neutrale nel conflitto scoppiato all’alba del 24 febbraio 2022. Malgrado il pontefice abbia ripetutamente condannato la guerra, sinora l’attivismo diplomatico del Vaticano ha ricevuto un’accoglienza tiepida da parte dell’Ucraina, la quale non vede di buon occhio la disponibilità vaticana a mantenere aperti canali di dialogo anche con Mosca.
Appena pochi giorni prima della partenza di Zuppi, Papa Francesco ha peraltro incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha chiesto alla Santa Sede di spingere su Mosca affinché acconsenta a liberare i prigionieri ucraini detenuti in Russia. Il leader di Kyiv sostiene da tempo che l’integrità territoriale ucraina non sia negoziabile e che qualsiasi accordo debba prevedere il ritiro totale delle truppe russe.
Il Vaticano ci ha tenuto più volte a sottolineare come il compito di Zuppi non sia quello di negoziare un percorso politico, bensì di favorire iniziative umanitarie. Ciononostante, negli scorsi mesi l’inviato speciale di Francesco si è recato anche a Washington e Pechino, nell’evidente tentativo di di costruire ponti – soprattutto politici – tra le parti in conflitto e i rispettivi alleati.
La Russia, da parte sua, mantiene un rapporto formale con il Vaticano, rafforzato nel 2010 con la piena ripresa delle relazioni diplomatiche che ha permesso al pontefice di fare qualche passo avanti su temi umanitari, come dimostrato dalla liberazione di alcuni prigionieri avvenuta lo scorso settembre, tra cui due sacerdoti cattolici.
Con cadenza pressoché settimanale, il Papa non smette inoltre di appellarsi alla comunità internazionale affinché si impegni a mettere fine alle sofferenze della popolazione civile. “Fermate i bombardamenti contro i civili, sempre i più colpiti, fermate il massacro degli innocenti”, le parole del pontefice durante l’Angelus del 13 ottobre, durante il quale ha simbolicamente affidato l’Ucraina alla protezione della Madonna di Fatima.