Il Governo ungherese di Viktor Orbán avrebbe manifestato la sua intenzione di ostacolare un prestito da 50 miliardi di dollari, offerto da Stati Uniti, Unione Europea e leader del G7 per sostenere Kyiv nella sua lotta contro l’invasione russa. Una manovra che appare come un chiaro regalo politico a Donald Trump, che se dovesse vincere le elezioni presidenziali di novembre, potrebbe utilizzare questa situazione a suo favore, dichiarando di non voler fornire ulteriori aiuti all’Ucraina.
Il leader ungherese ha comunicato che non acconsentirà a modifiche alle regole che permetterebbero a Washington di avere un ruolo preminente nella gestione del prestito fino al termine delle elezioni negli Stati Uniti. Posizione che mette il leader ungherese in diretta opposizione con gli altri membri dell’Unione Europea, che vedono l’assistenza all’Ucraina come una questione cruciale.
Il prestito da 50 miliardi di dollari dovrebbe essere rimborsato grazie ai profitti derivanti dai beni russi congelati all’estero a seguito dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. La maggior parte di questi asset sono stati immobilizzati in Europa, che quindi ha un interesse diretto nella questione. Ma la posizione di Orbán sta complicando le trattative, soprattutto in quanto Washington richiede un’estensione del periodo di rinnovo delle sanzioni a 36 mesi. Attualmente, le sanzioni europee devono essere rinnovate ogni sei mesi, il che potrebbe permettere a un singolo Paese di decidere di sbloccare i beni russi, costringendo i singoli governi a utilizzare i fondi dei contribuenti per rimborsare il prestito.
Mentre altri leader europei sostengono l’idea di un’estensione del periodo di sanzioni, Orbán vi si oppone fermamente, consapevole del fatto che il suo veto potrebbe compromettere l’unità dell’Unione Europea nel sostenere l’Ucraina. Secondo un diplomatico dell’UE, “se non troviamo un accordo, il costo per l’UE, inclusa l’Ungheria, aumenterà”. Eppure Orbán sembra più interessato a garantire a se stesso il sostegno politico di Trump.
La posta in gioco è alta. Se il prestito da 35 miliardi di euro venisse approvato senza la partecipazione degli Stati Uniti, Trump non avrebbe alcun vincolo di rimborso, liberandosi da ogni responsabilità che potrebbe pesare sul suo mandato futuro. Orbán, che ha recentemente incontrato Trump a Mar-a-Lago, non ha nascosto il suo sostegno per l’ex presidente, dichiarando che brinderebbe “con diverse bottiglie di champagne” se Trump dovesse battere la vicepresidente democratica Kamala Harris.
A rendere le cose ancora più complicate c’è poi la possibilità che il Giappone possa ritirarsi dal prestito in caso di defezione statunitense.
A Bruxelles le trattative vanno avanti. Come ha osservato un diplomatico europeo, “stiamo esercitando pressione, ma Orbán finora non ha ceduto. È un gioco di resistenza”.