Quando ha riaperto gli occhi, John O’Neill ha scoperto di non avere più le gambe, amputate fin sopra il ginocchio. La dinamica agghiacciante che ha privato l’uomo degli arti fa paura anche perché tutto sembrava finalmente girare per il verso giusto per lui; a parte quella cavigliera elettronica che era costretto a portare per ordine del tribunale. Ma finalmente aveva trovato un lavoro, proprio nel settore che amava, il legno e la natura; aveva una casa, era sobrio dopo la clinica di riabilitazione. Era il 23 settembre, aveva 33 anni e la vita davanti.
Poi, al primo giorno, nei primi 15 minuti di turno, mentre lavorava con una macchina trita legna in una segheria a Longmont, Colorado, un ramo a forma di uncino si è agganciato alla cavigliera e lo ha trascinato dentro la macchina. Le lame hanno colpito O’Neill fino a metà coscia prima che i colleghi riuscissero a tirarlo fuori. Portato in ospedale con l’elicottero, ha subito una massiccia trasfusione di sangue. Sua madre, Barbara, si è sentita male alla notizia ed è stata ricoverata per tre giorni.
Nel viaggio in elicottero, racconta, “sono tecnicamente morto. In sostanza hanno dovuto sostituirmi tutto il sangue. Quando mi sono svegliato il dolore era atroce. Mi sembrava di avere le gambe a pezzi. Ci ho messo un minuto a ricordare”. Poi ha guardato in basso: le gambe non c’erano più.
Al momento dell’incidente, dice, “mi sono reso conto che avevo paura di perdere la vita, non solo una gamba”. Si è afferrato al bordo della macchina. Ha visto le lame che gli tagliavano gli stivali, i piedi, i polpacci. “Urlavo per chiedere aiuto, ma avevano tutti i paraorecchie per il rumore. Ci hanno messo un po’ a capire cosa stava succedendo”.
Pochi secondi in realtà, ma abbastanza per un disastro, abbastanza perché gli passasse davvero davanti agli occhi tutto, come si dice accada in punto di morte: dal suo coach sportivo a scuola, alla madre, agli amici ,”alle persone che mi vogliono bene, quelli che contano su di me”. Intanto le lame erano arrivate a mezza coscia, i colleghi hanno bloccato la macchina, “ho guardato giù e ho visto una scena da film”. Pelle, ossa, arterie tranciate, tessuto muscolare, un bagno di sangue. Ha afferrato una corda e con i colleghi è riuscito a mettersi un laccio emostatico sulle gambe. “Ho cercato di rallentare i respiri per guadagnare tempo”, ricorda, ma stava perdendo conoscenza; i colleghi gli hanno praticato un massaggio cardiaco.
Oggi, John O’Neill, vivo per miracolo, vuole mettere a frutto la sua esperienza. Si era appassionato di arrampicata su roccia assieme a una associazione di Denver, The Phoenix, che organizza eventi per ex alcolisti. Vuole continuare lo sport con protesi alle gambe e fare campagna per tutti: “adesso ho una piattaforma più ampia per aiutare la gente a recuperare da alcol e droga, ma anche persone ricoverate per traumi”. Su GoFundMe sta raccogliendo soldi per cure mediche e un alloggio senza barriere architettoniche. Ma non vuole dire se intende fare causa alla segheria dove ha perso le gambe.