Nel corso del suo mandato alla Casa Bianca, Donald Trump ebbe l’opportunità di nominare ben tre giudici (su nove) della Corte Suprema, marcando uno spostamento a destra che fra l’altro ha portato all’abolizione della protezione federale sull’aborto. Di questi tre giudici – Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett – il più contestato in Senato al momento delle audizioni di conferma nel 2018 fu Kavanaugh, accusato di pesanti molestie sessuali da diverse donne.
La prima, Christine Blasey Ford, testimoniò davanti al Senato che nel 1982, durante una festa e quando entrambi avevano bevuto, Kavanaugh cercò di toglierle i vestiti, poi provò a bloccarla su un letto tappandole la bocca. All’epoca Kavanaugh aveva 17 anni, Ford ne aveva 15. Un’altra donna, Deborah Ramirez, parlò di molestie subite durante un gioco della bottiglia in una festa all’università di Yale: “Ricordo di essermi trovata un pene sulla faccia. So che non era ciò che volevo” disse al New Yorker.
Kavanaugh – che ha sempre negato – fu confermato di stretta misura dal Senato, le accuse derubricate a calunnie o sciocchezze da ragazzi. Ma adesso, sei anni dopo la sua conferma, un rapporto del Senato, pubblicato dal democratico Sheldon Whitehouse, accusa l’allora amministrazione Trump di aver limitato d’autorità l’indagine dell’FBI sulle accuse.
Pubblicamente Trump dichiarava che l’FBI aveva “carta bianca” per investigare e in effetti aveva dato l’ok all’inchiesta. Ma il rapporto sostiene che la Casa Bianca di Trump in effetti ha insabbiato l’indagine e ha ristretto il campo d’azione dell’agenzia. Whitehouse scrive basandosi su lettere fin qui ignote fra la Casa Bianca e l’agenzia federale, i cui funzionari – che si trovarono a lavorare con una settimana appena di tempo – richiesero alla presidenza “ulteriori linee guida” su cosa dovessero fare.
I messaggi su Kavanaugh arrivati all’FBI da potenziali testimoni infatti erano stati ridiretti alla Casa Bianca e mai esplorati, e l’agenzia non ebbe un protocollo scritto per l’indagine che la presidenza aveva richiesto. Nel dettaglio, l’FBI ricevette l’incarico teorico di parlare a 10 potenziali testimoni, ma non ebbe mai l’incarico di ricercare le prove corrispondenti. E infatti alle udienze del Senato proprio la mancanza di prove al di là delle parole di Christine Ford fu citata come decisiva per la conferma di Brett Kavanaugh.

“È stato lui, ne sono sicura al 100%. Credevo che mi violentasse, mi tappò la bocca per impedirmi di gridare, per me era difficile respirare e pensai che Brett mi potesse uccidere per sbaglio. Lui e Mark erano ubriachi e ridevano, sembravano divertirsi”. Quasi in lacrime, la voce rotta , così Blasey Ford ricordava l’aggressione che dice di aver subito ai tempi del liceo. La psicologa di Palo Alto l’ha pagata cara, costretta a trasferirsi con la famiglia, sotto scorta, per le minacce di morte ricevute.
Di scarsa consolazione anche, per lei, l’essere diventata un’icona femminista. Per lei si è mossa una marea di indignazione e supporto, visioni collettive sono state organizzate per le sue testimonianze, celebrando il suo coraggio.
Il rapporto del Senato chiede nuove procedure per garantire trasparenza e indagini più approfondite in future nomine politiche. Ma sarà di poca consolazione alle donne americane che oggi si trovano a combattere contro la politica antiabortista di molti Stati, e che ricordano il viso angosciato di Christine Ford quando, facendosi forza, raccontava ai senatori la violenza subita a 15 anni e il senso di impotenza provato di fronte all’arroganza di un gruppo di giovani maschi.