Gli Stati Uniti avrebbero esplicitamente chiesto a Israele di evitare attacchi sui siti nucleari iraniani. Secondo le prime indiscrezioni non ancora confermate ufficialmente, sarebbe questo uno dei punti focali della conversazione telefonica tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu, tenutasi nella mattinata statunitense di mercoledì e incentrata sulla possibile risposta israeliana ai raid missilistici di Teheran della scorsa settimana.
A quanto si apprende, nei 50 minuti di conversazione – la prima dallo scorso 21 agosto – il presidente statunitense avrebbe inoltre scoraggiato Netanyahu dall’attaccare le raffinerie di petrolio di Teheran nel Golfo Persico – esortandolo piuttosto a una reazione più cauta.
Fonti israeliane riportano che il leader statunitense è stato affiancato dalla vice Kamala Harris, mentre il team di Netanyahu è stato composto dal consigliere diplomatico Ophir Falk, dal segretario militare Roman Gofman, dal capo di Stato maggiore Tzachi Braverman e dal vice capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale Gil Reich.
La telefonata di oggi arriva nel bel mezzo dell’escalation tra lo Stato ebraico e l’Iran. I 180 missili balistici lanciati da Teheran la scorsa settimana, definiti dai pasdaran una rappresaglia per l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e quello di Hamas Ismail Haniyeh, hanno fatto impennare il livello di allerta.
Biden ha ammonito Netanyahu a mantenere un approccio “proporzionato”, evitando che i fronti già aperti a Gaza, in Cisgiordania e nel sud del Libano tracimino in vera e propria guerra regionale tra Tel Aviv e Teheran. Bibi ha invece promesso una dura reazione contro gli ayatollah: il Times of Israel sostiene che, in un lungo vertice tenutosi martedì notte, il leader dello Stato ebraico avrebbe deliberato di bersagliare alcune strutture militari dei pasdaran.

Dietro la cordialità istituzionale e i continui richiami alla solidità dell’alleanza israelo-statunitense, “Bibi” e il collega Joe sono ormai da tempo ai ferri corti. Lo dimostrano le indiscrezioni rilanciate nel libro War del giornalista Bob Woodward, storica firma del Washington Post e tra coloro che svelarono al pubblico USA lo scandalo Watergate. Nel saggio, che verrà pubblicato nei prossimi giorni e che si basa su testimonianze di fonti anonime vicine alla Casa Bianca, il linguaggio è infatti decisamente meno diplomatico.
A partire da quel “Bibi, ma che c*zzo fai?” con cui Biden avrebbe esordito commentando i bombardamenti israeliani su Beirut lo scorso luglio. Oppure l’appellativo di “vero str*nzo” che il presidente USA avrebbe riservato al leader israeliano in un colloquio privato con un collaboratore la scorsa primavera.
Dal libro emerge un Biden che a fatica – e soprattutto senza successo – ha cercato sinora di tenere a freno lo sbizzarrito Netanyahu. Specialmente ad aprile, dopo che l’Iran aveva bersagliato lo Stato ebraico con centinaia di missili e droni – quasi tutti neutralizzati da Iron Dome – come ritorsione per il precedente attentato israeliano all’ambasciata iraniana in Siria. In un colloquio telefonico, Biden esortò Netanyahu a “non rispondere”. Ma il premier israeliano lanciò comunque un attacco limitato contro l’Iran il 18 aprile, una mossa che Biden considerò un “successo” solo in virtù del fatto che avrebbe potuto essere molto peggiore.
Durante la stessa primavera, mentre Netanyahu parlava di una possibile invasione terrestre a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove circa un milione di civili palestinesi erano stati costretti a cercare rifugio dopo mesi di bombardamenti militari israeliani, l’amministrazione Biden tornò a farsi sentire. E chiese a Netanyahu quale fosse il piano per evacuare e proteggere i civili. “Qual è la tua strategia, amico?” lo interrogò Biden. “Dobbiamo entrare a Rafah”, la secca risposta di Bibi. Caustica la contro-risposta: “Bibi, non hai nessuna strategia”.
Man mano che le critiche al governo di Netanyahu si intensificavano, Biden si ritrovò a dover far fronte anche alle pressioni del Partito Democratico. E il lessico tornò ad essere colorito: “È un f*ttuto bugiardo”, avrebbe dichiarato in quel periodo a dei consiglieri, riferendosi proprio a Bibi.
Martedì la portavoce della Casa Bianca Emilie Simons ha dichiarato ai giornalisti che “l’impegno di Washington nei confronti dello Stato di Israele è ferreo”, aggiungendo che Biden e Netanyahu hanno una “relazione a lungo termine. Hanno un rapporto molto onesto e diretto”. Nessun commento invece su quelli che ha derubricato ad “aneddoti specifici”.
Nelle prossime ore a Washington è intanto atteso il ministro della Difesa Yoav Gallant. Gallant, che sarebbe dovuto atterrare a Washington DC già mercoledì, ha deciso di rinviare la missione di un giorno proprio in attesa dei risultati della conversazione tra Netanyahu e Biden.