Lo Stato della California ha fatto causa a un ospedale cattolico che avrebbe negato a una donna un aborto d’emergenza.
Secondo quanto riportato dal New York Times, il nosocomio Providence St. Joseph di Eureka, affiliato alla Chiesa cattolica USA, avrebbe negato ad Anna Nusslock, 36 anni, un aborto d’emergenza dopo che le si erano rotte prematuramente le acque, lasciandola soggetta a infezioni e altre complicazioni.
A 15 settimane di gravidanza, i medici avevano detto che uno dei gemelli non sarebbe sopravvissuto e l’altro aveva poche possibilità, con un alto rischio per la sua salute e fertilità futura se la gravidanza non fosse stata interrotta. Tuttavia, poiché si rilevava ancora il battito fetale, i medici si sono rifiutati di procedere con l’aborto, sostenendo che la vita della donna non fosse in pericolo imminente.
Anna è stata salvata per un pelo in un alto ospedale – il Mad River Community Hospital – dove è arrivata in piena emorragia, con un feto espulso – già morto – in modo naturale e l’altro, morto anche lui, da rimuovere chirurgicamente.
La scorsa settimana lo Stato della California ha intentato una causa contro l’ospedale, sostenendo che abbia violato la norma statale che impone agli ospedali con pronto soccorso di fornire assistenza per prevenire non solo la morte, ma anche “gravi lesioni o malattie”. L’accusa sostiene che “invece di fornire le cure mediche d’emergenza di cui aveva bisogno, il Providence Hospital le ha offerto un secchio e degli asciugamani”.
Secondo lo Stato, la “condotta del Providence Hospital non solo è stata pericolosa e disumana, ma anche illegale sotto molteplici aspetti”, citando la legge sui servizi di emergenza della Calfornia, che secondo la causa “proibisce specificamente il tipo di scarico dei pazienti che Anna ha subito”.
“Questa esperienza mi ha profondamente traumatizzato e da allora ho avuto a che fare con una tremenda ansia, dolore e depressione”, ha dichiarato Nusslock al New York Times.