Rischia di avere proporzioni storiche lo sciopero scattato all’alba di martedì nei principali porti degli Stati Uniti, dove i lavoratori, uniti sotto l’egida dell’International Longshoremen’s Association (ILA) hanno incrociato le braccia per la prima volta dal 1977 contro salari bassi e avanzata dell’automazione.
Il contratto che regolava i rapporti tra i porti e circa 45.000 membri dell’ILA è scaduto nella mezzanotte tra lunedì e martedì, e nonostante le trattative avessero mostrato qualche timido segnale di progresso nei giorni precedenti, la mancanza di una quadra soddisfacente ha portato i lavoratori a incrociare le braccia. A Filadelfia, i portuali hanno dato vita a un picchetto già poco dopo la mezzanotte, sfilando in modo simbolico attorno a un passaggio a livello e intonando slogan come “Niente lavoro senza un contratto giusto”.
Portavoce della protesta è Boise Butler, presidente dell’ILA per la regione della Pennsylvania. “È imperativo ottenere un contratto equo, che tuteli i posti di lavoro e non consenta l’automazione dei nostri impieghi”, ha affermato – ricordando come le compagnie di spedizione abbiano registrato profitti record durante il periodo della pandemia. “Vogliamo che ci restituiscano ciò che ci spetta. Non ci fermeremo finché non raggiungeremo un accordo che rispetti le nostre esigenze”, ha concluso il presidente dell’ILA.

Le trattative tra il sindacato e l’Alleanza marittima statunitense, il sindacato che rappresenta i porti, avevano mostrato delle evoluzioni nei giorni precedenti: l’ILA aveva presentato una proposta di un aumento salariale del 77% per la durata di sei anni, in modo da compensare l’inflazione e gli incrementi salariali irrisori degli anni passati. Attualmente, i membri dell’ILA percepiscono un salario base di circa 81.000 dollari all’anno, ma con gli straordinari alcuni lavoratori possono arrivare a guadagnare oltre 200.000 dollari.
D’altro canto, i datori avevano proposto un incremento del 50% nei salari per il medesimo periodo e garantito il mantenimento di limitazioni all’automazione in base al contratto precedente. A far naufragare le negoziazioni sembrerebbe essere stata però la precisa richiesta del sindacato, ribadito la scorso giugno, di un divieto totale dell’automazione.
Secondo gli esperti, inizialmente i consumatori globali non avvertiranno un impatto significativo. Ma la cosa potrebbe cambiare molto presto: i rivenditori, che hanno accumulato scorte in vista delle festività imminenti in autunno e inverno, rischiano di affrontare difficoltà significative qualora il blocco dei porti dovesse protrarsi oltre poche settimane. Le conseguenze si manifesterebbero in maniera particolarmente incisiva su beni di prima necessità, quali frutta e altri prodotti deperibili, e potrebbero causare gravi ritardi durante il periodo di acquisti natalizi.
Le statistiche forniscono un quadro preoccupante: i porti coinvolti nello sciopero gestiscono annualmente circa 3,8 milioni di tonnellate di banane, corrispondenti a ben il 75% dell’offerta nazionale. I prodotti freschi rischiano perciò scomparire sugli scaffali dei negozi in tempi relativamente brevi. E i ritardi potrebbero estendersi anche alle esportazioni, causando congestioni anche nei porti dove i lavoratori sono rappresentati da un altro sindacato.
Da un punto di vista economico, un blocco prolungato dei porti orientali e del Golfo del Messico potrebbe costare all’economia statunitense tra i 3,8 e i 4,5 miliardi di dollari al giorno, con effetti che si estenderebbero ben oltre la conclusione dello sciopero stesso. Non a caso è scesa in campo l’amministrazione Biden, che sinora ha mantenuto comunicazioni regolari con entrambe le parti e cercato di facilitare il raggiungimento di un accordo, pur avendo Biden escluso la possibilità di un intervento diretto.
Secondo Everstream Analytics, più di 38 navi portacontainer erano già ferme nei porti statunitensi martedì, rispetto alle sole tre di domenica prima dello sciopero.
“I vettori marittimi stranieri hanno realizzato profitti record dopo la pandemia, quando gli scaricatori di porto si sono messi a rischio per tenere aperti i porti. È ora che questi vettori oceanici offrano un contratto forte ed equo che rifletta il contributo dei lavoratori dell’ILA alla nostra economia e ai loro profitti record”, ha dichiarato Biden in un post su X nella tarda serata di martedì .La Casa Bianca ha inoltre incaricato il suo team di monitorare potenziali attività di price gouging (l’aumento sconsiderato dei prezzi di beni, servizi o materie prime) che favoriscono i vettori oceanici stranieri.