È ufficiale. Dopo oltre cinquant’anni dalla fondazione, il sindacato degli scaricatori di porto, l’International Longshoremen’s Association (ILA) che ne rappresenta circa 45.000, ha indetto uno sciopero per tutti quelli che lavorano sulla costa orientale e sul Golfo del Messico, da Boston a Tampa, da New York a Savannah, a Houston. In base alla durata del blocco, le conseguenze potrebbero essere più o meno gravi.
“Senza di noi non si muoverà nulla”, ha dichiarato il presidente del sindacato Harold J. Daggett.
L’obiettivo è un aumento del salario minimo. Inizialmente la richiesta era un incremento del 77% dello stipendio attuale, che si traduceva con 5 dollari l’ora in più. Cominciando le trattative con il sindacato dei datori di lavoro, la United State Maritime Alliance, sembrerebbe che la quota si è abbassata a un 61,5% per un contratto di sei anni.
Uno sciopero breve non provocherebbe conseguenze durature, ma, nel caso in cui il blocco durasse per settimane, le scorte finirebbero, il cibo marcirebbe, i prezzi si alzerebbero e ci sarebbero anche licenziamenti. Il presidente Joe Biden potrebbe ricorrere all’applicazione del Taft-Hartley Act del 1947 e imporre la fine degli scioperi se cominciassero a pesare sull’economia. Circa tre quinti delle spedizioni di container della nazione passano attraverso i porti della costa orientale e non ci sono alternative pratiche. Centomila container sono già stati bloccati.
A subire le conseguenze dello sciopero è anche il settore automobilistico: un terzo del commercio USA di autoveicoli e pezzi di ricambio viene venduto nei porti coinvolti dallo sciopero.