Le truppe israeliane hanno varcato il confine libanese nella serata di lunedì in una serie di operazioni mirate contro Hezbollah, il gruppo armato sciita sostenuto dall’Iran. Si tratterebbe di iniziative circoscritte, definite dalle autorità dello Stato ebraico come “raid limitati”, che puntano a colpire le infrastrutture di Hezbollah nelle aree di confine e ad allontanare i combattenti del gruppo dai villaggi vicini a Israele dopo quasi un anno di attacchi con droni e razzi da parte della milizia sciita. Ma cresce sempre più il timore di un’escalation imminente con il coinvolgimento di un numero maggiore di forze sul terreno.
Fonti vicine al Dipartimento di Stato americano hanno confermato che Tel Aviv ha notificato con anticipo gli Stati Uniti riguardo le ultime operazioni. Da giorni Israele ha rafforzato la presenza militare lungo il proprio lato della frontiera, mentre Hezbollah continua a lanciare razzi contro il territorio israeliano.
Tel Aviv ha promesso di non fermarsi finché la sicurezza delle comunità israeliane prossime al confine non sarà garantita. Dall’altro lato, Hezbollah ha giurato che non smetterà di bersagliare il nemico confinante fino a quando il conflitto a Gaza non troverà una risoluzione.
Yaakov Amidror, ex maggiore generale israeliano e consigliere per la sicurezza nazionale, ha affermato che l’operazione di lunedì è considerata un primo passo necessario prima di far entrare altre truppe. “Bisogna tastare il terreno e vedere, per capire cosa c’è”, ha detto. “Si chiama ricognizione attiva”.
Dietro le quinte, la diplomazia internazionale tenta di frenare la corsa all’escalation. Un diplomatico occidentale ha riferito all’Associated Press che un’operazione terrestre israeliana più ampia sul suolo libanese sembra ormai imminente. Il funzionario ha aggiunto che Israele avrebbe condiviso i propri piani con gli Stati Uniti e altri alleati, pur precisando che si tratterebbe di un intervento circoscritto. Non è chiaro se Tel Aviv abbia già deciso di varcare il limite e lanciare un’offensiva su larga scala.
Hezbollah non sembra intenzionato a cedere terreno. Naim Kassem, il leader ad interim del gruppo, ha rassicurato i suoi sostenitori durante un discorso televisivo che anche dopo la perdita del leader storico Hassan Nasrallah e di altri alti comandanti, la milizia resta pronta a combattere. Il gruppo ha già rimpiazzato i leader caduti, con Hashem Safieddine, cugino di Nasrallah e responsabile degli affari politici, probabile successore.
Il messaggio è chiaro: se Israele decide di allargare il conflitto con un’invasione su vasta scala, Hezbollah è pronto a rispondere. E mentre la retorica si infiamma, sul terreno la situazione si fa sempre più tesa. L’esercito israeliano ha rafforzato le misure di sicurezza nelle città settentrionali di Metula, Misgav Am e Kfar Giladi, che si trovano a ridosso del confine e che sono state dichiarate zone militari chiuse.
Lunedì, un raid aereo israeliano ha colpito un edificio residenziale nel cuore di Beirut, uccidendo tre militanti palestinesi. L’attacco ha avuto luogo al di fuori delle tradizionali aree di operazione di Hezbollah, in una zona trafficata del centro città, vicina a importanti snodi di trasporto. Nel frattempo, la milizia sciita ha incrementato il numero di razzi lanciati contro il nord di Israele, arrivando a diverse centinaia al giorno. Malgrado la maggior parte di questi razzi venga intercettata dai sistemi di difesa israeliani o cada in aree disabitate, alcuni civili sono rimasti feriti e due soldati israeliani sono stati uccisi il 19 settembre.
Alcuni Paesi europei hanno precauzionalmente cominciato a evacuare diplomatici e cittadini dal Libano. La Germania ha inviato un aereo militare per evacuare i familiari dei diplomatici, mentre la Bulgaria ha predisposto voli per il rimpatrio dei propri connazionali.
Intanto, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, UNRWA, ha confermato che Fatah Sharif, un comandante di Hamas ucciso in Libano, era stato un suo dipendente. Sharif era stato sospeso a marzo dopo l’accusa di legami con il gruppo militante. L’uccisione di Sharif potrebbe aumentare la pressione sull’UNRWA, già colpita da un deficit di 80 milioni di dollari e critiche per presunti legami con Hamas. L’organo di controllo interno delle Nazioni Unite sta indagando sull’UNRWA da quando, a gennaio, Israele ha accusato 12 suoi dipendenti di essere coinvolti nell’attacco terroristico del 7 ottobre contro Israele.