Il senatore Ben Cardin, presidente della Commissione per le Relazioni Estere, è stato vittima di una sofisticata operazione di deepfake. L’episodio è avvenuto tramite una call su Zoom, con un individuo che fingeva di essere Dmytro Kuleba, l’ex ministro degli Esteri dell’Ucraina.
Nel corso della chiamata, Cardin ha ricevuto diverse domande riguardanti le imminenti elezioni statunitensi e la guerra tra la nazione guidata da Volodymyr Zelensky e la Russia di Vladimir Putin. L’avviso emesso dall’ufficio di sicurezza del Senato, affermava che, in mezzo a una marea crescente di minacce di social engineering negli ultimi tempi, “questo tentativo si distingue per la sua tecnica sofisticata e la sua credibilità”. Cardin e il suo staff si erano già incontrati in precedenza con Kuleba, “e quando si sono visti su Zoom, è sembrato un collegamento audio-video dal vivo che era coerente nell’aspetto e nel suono con gli incontri precedenti”.
Il senatore ha iniziato a sospettare che la chiamata fosse fake quando la persona che si spacciava per Kuleba “ha iniziato a comportarsi in modo anomalo e a chiedere con fermezza di rispondere a domande come “Sei favorevole ai missili a lungo raggio in territorio russo?”. L’FBI sta ora indagando sull’accaduto, e si sospetta che dietro l’operazione ci sia il Cremlino, con l’intento di spingere Cardin a esprimere opinioni politicamente esplosive e usarle per creare materiale propagandistico.
Il senatore ha successivamente definito il suo falso “interlocutore” come “un attore maligno”. “Dopo aver capito immediatamente che l’individuo con cui stavo parlando non era chi diceva di essere, ho chiuso la chiamata e il mio ufficio ha agito rapidamente, allertando le autorità competenti”, ha aggiunto.
Al momento, lo staff del senatore non ha rilasciato ulteriori informazioni circa la call con il finto Kuleba. La vicenda, inoltre, ha messo sul chi va là le autorità, che hanno avvertito i membri del Senato sui pericoli dei deepfake.
“Gli obiettivi vengono contattati da attori minacciosi che si spacciano per rappresentanti stranieri e richiedono una videochiamata ufficiale che in realtà è dannosa”, spiegano gli inquirenti, “Questa tecnica viene utilizzata per screditare la vittima o per ottenere ulteriori informazioni. Sfruttano le relazioni esistenti e altre informazioni note per apparire legittimi”.
La vicenda si è verificata poche settimane dopo che l’FBI e altre agenzie governative avevano comunicato che l’Iran aveva hackerato alcune informazioni sulla campagna del candidato repubblicano, Donald Trump, inviandole allo staff del presidente Joe Biden.
La NBC ha inoltre riferito che il Dipartimento di Giustizia ha intenzione di presentare accuse penali in relazione all’attacco informatico subito dalla campagna del tycoon.