Il tema è di quelli che cambiano l’identità di un paese: sono state raggiunte in Italia le 500mila firme necessarie per modificare la legge sulla cittadinanza. Il quesito – che ora dovrà passare al vaglio della Corte Costituzionale – chiede di cambiare i requisiti: dai 10 anni di residenza ininterrotta su territorio italiano, a 5 anni (come era fino al 1992 e come è per esempio in Germania). Se la Consulta lo approverà, come molto probabile, si potrebbe andare al voto in primavera. Per approvare la modifica però servirà raggiungere il cosiddetto quorum (gli italiani adorano usare il latino per questioni politiche), ovvero dovrà andare a votare almeno il 50% + 1 degli elettori. Storicamente, è molto difficile ottenere questo risultato.

I promotori però (da + Europa a Italiani senza cittadinanza) ci sperano, anche perché c’è stata una enorme mobilitazione per raccogliere le firme, con il sito del ministero della Giustizia (dove si poteva firmare per via digitale) in tilt per diverse ore.
Ma intanto da New York la premier Giorgia Meloni ha già messo le mani avanti dichiarando tutta la sua disapprovazione.
PERCHÈ È IMPORTANTE
La legge rivista potrebbe dare subito la cittadinanza a due milioni e mezzo di persone. Una cifra enorme. Oggi, uno straniero può ottenere la cittadinanza italiana solo se ha compiuto 18 anni (e questo rimane invariato) e dopo dieci anni di residenza “legale e ininterrotta”; oppure, perché ha sposato una persona italiana, con due anni di residenza dal matrimonio; oppure, perché ha un genitore o un nonno italiano.
IUS SANGUINIS, IUS SOLI…
Appunto, piace usare il latino per questioni politiche. In Italia – come in larga parte dei paesi europei – sulla base del diritto romano, vige lo ius sanguinis, il diritto del sangue: si è cittadini automaticamente solo con un ascendente diretto che è a sua volta cittadino. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e in altri paesi di diritto anglosassone vige lo ius soli, il diritto del territorio: chi nasce in USA è automaticamente americano. Da un punto di vista identitario, questo fa una enorme differenza.
Al compimento dei 18 anni, gli stranieri in Italia ricevono un avviso che chiede loro se vogliono diventare cittadini, e hanno 12 mesi di tempo per produrre i documenti necessari, cioè per dimostrare che hanno vissuto 10 anni nel paese. Dopo i 12 mesi diventa più difficile, ma anche in questa finestra di opportunità gli ostacoli sono tanti. Per esempio possono mancare le prove di residenza, o il richiedente potrebbe aver passato un periodo di tempo da residente nel paese di origine, spezzando così i 10 anni necessari.
Chiaramente ridurre il limite a cinque anni facilita, ma non è risolutivo.
PERCHÉ SECONDO I PROMOTORI NON È ABBASTANZA
Perché in Italia ci sono milioni di ragazzini cresciuti nelle scuole italiane, magari nati qui, che parlano italiano meglio della lingua del paese di origine, ma che fino ai 18 anni non saranno italiani.
Pensate a una classe di studenti che va in gita scolastica a Parigi, dove gli italiani arrivano senza bisogno di mostrare il passaporto, ma un loro compagno tunisino o afgano di origine deve chiedere addirittura un visto di ingresso. Oppure pensate a un campione sportivo in erba – come una giovane Paola Egonu, per dire – che non può concorrere per l’Italia nei campionati giovanili.
Ma per la Costituzione italiana, il referendum proposto dai cittadini può essere solo “abrogativo” e quindi più che modificare la legge del 1992 non si poteva.
IUS SCHOLAE…
Una parte del Parlamento cerca da tempo di scrivere una nuova legge che dia più diritti ai figli dei migranti cresciuti in Italia. Per esempio si è parlato di ius scholae, il diritto della scuola: dare la cittadinanza a chi ha completato almeno un ciclo scolastico. Tentativi tutti naufragati per l’opposizione dei partiti di destra, che ora sono al governo. In questo come su altri temi, l’Italia – come gli Stati Uniti e altri paesi europei – è spaccata in due.
LA REAZIONE DI MELONI
Infatti Giorgia Meloni da New York ha reagito male: “Io penso che il termine dei dieci anni sia congruo – ha detto la premier a margine dell’Assemblea generale dell’Onu -, penso che l’Italia abbia un’ottima legge sulla cittadinanza… Non ne ravvedo la necessità poi se c’è un referendum quella è democrazia, devono decidere gli italiani e io ho sempre rispetto di quello che decidono gli italiani”.
FORZA ITALIA È PIÙ MORBIDA…
Forza Italia, il partito fondato da Berlusconi, che è junior partner nella coalizione di governo, e che è anche il più moderato, sta cercando una via di uscita e giovedì riunirà i gruppi parlamentari per mettere a punto una nuova proposta di legge da sottoporre al centrodestra. “Crediamo che si debba dare la cittadinanza a chi ha studiato in Italia e concluso con profitto un corso di studi di almeno dieci anni”, ha spiegato sempre da New York il ministro degli Esteri e leader del partito, Antonio Tajani.
Per Meloni però – come per la Lega di Matteo Salvini – il tema è scottante di fronte ai suoi elettori. Difficile condurre una lotta senza quartiere contro l’immigrazione, limitando gli ingressi dei nuovi lavoratori, e poi “concedere” la cittadinanza ai loro figli… anche se l’Italia soffre di una crisi delle nascite. Ma l’elettorato di destra vuole bambini italici – non gialli o neri.
Così, a proposito dell’iniziativa di Tajani, la premier ha commenta laconicamente: “Non conosco la proposta di legge di Forza Italia”.