Marco Troncone è stato nominato CEO di Aeroporti di Roma a maggio 2020, nel pieno della pandemia. Da allora, i numeri sono decisamente cambiati: l’azienda è diventata leader del settore – ha ricevuto per il settimo anno consecutivo il titolo di Miglior aeroporto d’Europa –, un esempio che traccia la strada verso il futuro. Questo è il motivo per cui Troncone è stato invitato a intervenire su innovazione e sostenibilità all’evento di Sustainable Finance, parte del Summit del Futuro, che si tiene alle Nazioni Unite prima della Assemblea Generale.
“Per noi significa tanto: avere l’opportunità di dare un contributo ai lavori per il Global Compact – ha dichiarato Troncone. – Parteciperemo ai lavori del Private Sector Forum per portare idee e spunti, dire come il settore privato può contribuire a vincere le sfide della sostenibilità. Noi abbiamo implementato già dal 2020 un progetto di Green Finance che ci porta ad avere circa il 65% delle nostre sorgenti finanziarie con strumenti verdi, anche di alta sofisticazione. Abbiamo cominciato con un Green Bond nel 2020 e siamo stati i primi aeroporti del mondo (e unici per parecchi anni, poi siamo stati seguiti da Heathrow) a usare dei Sustainability Bond, cioè obbligazioni con i prestatori dove noi ci impegniamo a diventare Net Zero entro il 2030, ma se fallissimo loro riceverebbero insieme al credito anche un premio e noi pagheremmo anche un debito reputazionale”.
È stato nominato CEO proprio nel pieno della pandemia, quando il mondo era fermo. Quali sono i primi passi che ha mosso?
“Si dice che le crisi siano un’opportunità e noi abbiamo abbracciato questo approccio. Si è aperta questa posizione per me perché, in quel momento lì, la società sul mercato aveva una situazione finanziaria drammatica, con ricavi zero e costi sempre presenti. Avevo già un precedente finanziario nell’azienda, perché avevo lavorato come CFO per 5 anni, e un profilo in questo senso è stato utile. La situazione si è risolta pochi mesi dopo, a fine luglio 2020, quando abbiamo raggiunto un accordo coi nostri creditori finanziari. Poi, su questa base, abbiamo lavorato su due direttrici: innanzitutto, sul recupero dei nostri volumi e, in secondo luogo, su un binario di trasformazione che includesse sostenibilità e innovazione”.

Oggi è molto utilizzata, ma che cosa intende per sostenibilità?
“Sostenibilità è una parola che non può vivere da sola. Deve essere accoppiata a una logica di sviluppo, in particolare nei settori come quello dell’aviazione, che contribuisce per il 2-3% a un problema enorme che non può essere negato. Bisogna lavorare a servizi che non sono rinunciabili, anzi che sono essenziali come la connettività intercontinentale per il progresso e gli scambi culturali. Chiediamo visioni lungimiranti e policy di espansione, non punitive, non tassazioni né riduzioni della capacità, per generare e non soffocare le risorse e dirigerle sui capitoli necessari a finanziare la transizione. Altrimenti ci troveremo con un settore, che è irrinunciabile, più piccolo e più sporco e a pagarne le conseguenze sarebbero il progresso, i ponti di libertà fra Paesi. Il concetto di crescita accoppiato alla sostenibilità per noi è la chiave”.
Per quanto riguarda l’innovazione, su cosa avete puntato?
“Abbiamo creato un modello di “open innovation” che ormai è un riferimento nel settore e che guarda le startup globali. Abbiamo avviato questo progetto insieme a Plug and Play, che è uno dei principali investitori venture capital della Silicon Valley e ha un ecosistema di quasi 100.000 startup globali, e ci siamo aperti agli ideatori su scala mondiale con dei bandi di idee. Ne abbiamo fatti tre e solo l’ultimo ha raccolto più di 800 proposte, provenienti soprattutto dall’estero. Facciamo lo scale-up delle più promettenti attraverso l’incubatore he abbiamo realizzato all’interno del nostro aeroporto, che è uno spazio fisico dove i nostri inventori globali vengono e possono testare le proprie idee verificando esattamente come funzionerebbero. Non si ferma qui”.
C’è un terzo elemento, quindi.
“Si tratta di una società di venture capital che abbiamo lanciato di recente, la Aeroporti di Roma venture, che sostiene le startup che hanno più potenziale e cerca di fidelizzare quelle che possono essere più sinergiche con il nostro obiettivo di realizzare l’aeroporto del futuro”.

Quali caratteristiche ha l’aeroporto del futuro?
“Innanzitutto, è digitale, facendo molto ricorso alla tecnologia e all’Intelligenza Artificiale, ma anche bello”.
Mi faccia un esempio.
“Uno è il customer facing, cioè dare la possibilità al passeggero di avere un’assistente virtuale, un chatbot o un avatar, a portata di cellulare, che lo aiuta per qualsiasi necessità anche rispondendo a domande più complesse. Uno dei principali bisogni dei nostri clienti è ricevere informazioni. Ci sono dei desk, ma spesso c’è una fila lunga e risultano molto costosi e poco efficienti. Gli aeroporti non sono solo un servizio aeronautico, ma dei grandi centri di servizio commerciale e l’assistente potrebbe anche fornire delle idee. Un altro esempio è nella logistica. Abbiamo investito nell’AI che, attraverso le immagini delle telecamere, controlla tutte le attività che l’aeromobile deve fare da quando atterra a quando riparte ed è in grado di fornire delle statistiche per misurare e migliorare questi processi e degli avvisi se qualcosa va storto”.
Invece, per quanto riguarda la bellezza, che cosa intende?
“Vogliamo far sì che l’aeroporto sia parte del viaggio. Non solo un posto funzionale dove il passeggero arriva, rapidamente fa il suo controllo di sicurezza senza code, sa dove deve andare. Ma anche un luogo dove potenzialmente fare delle esperienze, cioè dove trovare arte, cultura, teatro, cinema, cucina. Le travel experience sono il prossimo passo. L’80% dei nostri clienti viaggiano per piacere, quindi sono alla ricerca di scoperta, emozioni, vulnerabili a queste proposte. Fino a rendere Fiumicino un aeroporto che sia scelto proprio perché speciale. Per esempio, abbiamo avuto un’esposizione delle statue di Ostia antica risalenti a 2000 anni fa, con podcast per le spiegazioni”.