Quando la prima ondata di piccole ma letali esplosioni ha trasformato migliaia di cerca persone (che oggetto vintage, che nome perfetto) in micro macchine di morte e di ferite, agli occhi soprattutto, tutti siamo rimasti a bocca aperta. Prima senza parole poi a cercare esperti per spiegare e fare ipotesi. Le frequenze, il surriscaldamento, le micro cariche e come, quando, dove sono riusciti a inserirle a migliaia, il mondo stavolta è stato stupito come non mai. D’un tratto era tornato il vecchio Israele, quello delle soluzioni diaboliche, che non dà tregua al nemico e lo cerca dovunque in capo al mondo e lo trova nel modo che tu non potevi immaginare.
Così ecco una scarica di adrenalina nelle redazioni, articoli a metà tra esteri e spettacolo, tutti a raccontare l’impossibile che era successo, con una meraviglia che aveva anche un po’ il sapore della fascinazione; ma per i lettori Israele da sempre è stato anche questo, una spy story, quindi che male c’è.
Poi è arrivata la seconda ondata, esplodono le ricetrasmittenti, i pannelli solari, i televisori, il Libano diventa il set della più grande Fauda (la serie tv) degli anni recenti. Alla fine qualcuno per fortuna si ferma e dice, sono morti bambini, sono stati accecati uomini e donne a decine, certo erano miliziani di Hezbollah ma al supermercato o per strada, e forse tra i feriti ci sono anche quelli che erano lì vicino per caso e sono centinaia. Ma si tratta di due righe, poi ancora giù a scrivere, il succo della storia resta la straordinaria capacità di colpire dove e quando vogliono, ma che terrificante meraviglia.
Ecco siamo messi così, paralizzati dalla potenza di fuoco a distanza, fatichiamo a capire che cosa davvero è stata questa guerra nuova cominciata da Israele, e che cosa manda a dire non solo a Hezbollah ma a tutti noi, al mondo.
Manda a dire che per colpire quello che considerano un nemico non ci sono scrupoli né regole. Che non esiste convenzione di Ginevra che tenga perché il nemico è ovunque e soprattutto, ecco la parte più pericolosa, che tutti quelli che per un motivo o un altro provano a mettersi in mezzo, possono diventarlo. Il cerca persone esplode e uccide chi lo tiene in mano e chi gli sta vicino, non fa differenza, é il prezzo che si paga.
In cambio, lo spiega bene un articolo del periodico americano The Atlantic, Israele vince questa nuova guerra perché sposta il campo del terrore e della paura lì dove sono i suoi nemici “Ora i miliziani di Hezbollah non si fideranno più di nessun dispositivo elettronico, telefoni, chiavi delle auto, televisori, computer, tutto può esplodere e questo li paralizzerà”.
Certo può essere una verità ma a dirla tutta sembra essere una verità molto pericolosa. Abbiamo capito che questo Israele -ricordiamoci che chi guida oggi è Netanyahu- è capace e non si fa scrupoli a spargere terrore dovunque. Di più, abbiamo capito che non esiste nessun obiettivo di guerra da raggiungere se non quello di continuarla senza limiti di tempo e di luogo. Parlare di sicurezza per il proprio paese spiegando che solo l’annientamento del nemico potrà garantirla significa scegliere la guerra per sempre o il deserto attorno.
Ma le domande che ci riguardano direttamente, noi Occidente, storico alleato di Israele, sono queste: ci si può ancora fidare di un alleato che non si fida più di nessuno? Che irride alla comunità internazionale e porta in giro chi lo rifornisce di armi promettendo ogni volta “oggi non si fa tregua, domani forse” come quei cartelli nei vecchi negozi di alimentari? Soprattutto ora che ci ha dimostrato che la nuova guerra può arrivare in ogni luogo, anche nelle nostre tasche e tra le nostre mani, siamo tutti più al sicuro? No, non è la nuova puntata di Fauda. È molto di più, purtroppo.